Toponimi Italiani di origine Etrusca[1]
La ricca bibliografia[2] del Prof. Massimo Pittau, in gran parte dedicata alla linguistica sarda ed etrusca, è stata incrementata di questo nuovo interessante titolo dedicato alla toponomastica di origine Etrusca. Con questo libro il lettore può riconoscere l’etimologia non solo di quelle città la cui origine è notoriamente attribuita agli antichi Rasenna ma anche molte e varie località della nostra penisola, a cominciare proprio dal nome della nostra amata Italia, per la quale prospetta[3] l’origine tirrenica del nome.
Dalle grandi città alle quali dedica specifici capitoli, ai centri minori, fiumi, laghi, monti ecc. che tratta in maniera sintetica ed essenziale in apposite voci, ripercorre tutti i toponimi che sono di matrice o d’origine etrusca ovvero che d’etrusco presentino l’attestazione o documentazione (anche se d’altra origine o matrice).
La denominazione della città di Bergamo è attribuita agli Etruschi della valle Padana; denominazione – viene precisato e sottolineato – “non fondazione. Il fatto che la denominazione degli Etruschi si sia imposta ed affermata è circostanza del tutto congruente col ruolo di grandi acculturatori che gli Etruschi hanno esercitato in tutta Italia, anche nella Padania” (p. 45).
Degne di nota sono le segnalazioni dei riferimenti che riconducono alcuni toponimi a denominazioni teoforiche o sacrali. Al Dio Vulturnus si possono ricondurre Volterra, Velletri, Feltre, Voltri e l’antica Capua che com’è noto era chiamata anche Vulturnum. Ancherona (due località toscane) è da riportare anche alla misteriosa Dea latina Angerona, mentre Artimino ad Artume (Artemide). Isernia (lat. Aesernia) potrebbe connettersi con l’etrusco aesar, aisar, aiser, eiser “dèi” e da interpretare quindi come “consacrata agli dèi”. Mantova da Mant(h) il latino Mantus (Cfr. Servio, ad Aen. X 200). Vetulonia sarebbe la “città del toro o dei tori” (con connotazione sacrale) mentre Vulci è da riconnettere con Vulcano. A volte ci si riferiva anche a “vulcano buono”.
Una menzione particolare merita l’interpretazione data da Pittau di Populonia. Da alcuni (la versione è molto controversa) intesa come “città consacrata a Fufluns (Bacco, Libero)”, il Nostro suggerisce, credo con buon fondamento, “città consacrata a Giunone Populonia” (Iunio Populonia; Macrobio, Sat. 3, 11,6; Arnobio, 3, 31), “protettrice contro i saccheggi (lat. populatio, “saccheggio” da populus “gioventù in armi”, che deriva proprio dall’etrusco” (p. 88).
Fra le varie e interessanti appendici ci piace ricordare quella dedicata alla “frattura” creatasi, secondo l’esposizione che ne fa l’Autore, tra gli odierni Toscani e i loro antenati Etruschi. Buon conoscitore dei Toscani e della Toscana, per esserci vissuto per undici anni, individua le cause, in realtà pseudo cause, del distacco umano e culturale fra gran parte dei miei corregionali ed i nostri antichi avi. Forse la situazione negli ultimi anni è un po’ migliorata dal tempo in cui vi risiedeva l’illustre linguista, ma l’analisi è veritiera e soprattutto confuta i “luoghi comuni” sugli Etruschi che fanno ancora capolino soprattutto in libri di larga divulgazione, veri e propri “pregiudizi” che “sono quasi completamente privi di reale fondamento storico” (p. 120).
Nell’antica Etruria “non c’è stata nessuna rottura totale, né antropica né culturale, come effetto della conquista romana della regione. Certamente una rottura c’è stata rispetto alla lingua etrusca, la quale finì con lo sparire del tutto o quasi del tutto di fronte alla lingua latina; ma questa rottura linguistica non si caratterizzò anche come una rottura antropica e culturale” (pp. 122-123).
I Toscani, ma il discorso si può tranquillamente allargare a tutti gli Italiani, hanno moltissimo da guadagnare – ci piace concludere con le parole di Pittau – “dal ritornare consapevolmente alle loro antiche origini, anche al fine di trarne i migliori auspici per il loro futuro” (p. 124).
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[1] Massimo Pittau, Toponimi Italiani di origine Etrusca, Magnum-Edizioni, Sassari 2006, pp. 138, € 15,00; questa recensione è stata originariamente pubblicata ne “La Cittadella”, a. VII, n.s., n° 27, lug.-sett. 2007, pp. 72-73.
[2] Tra gli altri ricordiamo: La Sardegna Nuragica, II ed., Edizioni della Torre, Cagliari 2006; Dizionario della Lingua Etrusca, Libreria Editrice Dessì, Sassari 2005 (vd. recensione ne “La Cittadella”, a. VII, n.s., n° 26, apr.-giu. 2007, pp. 104-105); La Lingua Etrusca, grammatica e lessico, Insula, Nuoro 1997 (con un convincente paragrafo dedicato a “L’etrusco lingua indoeuropea?”).
[3] “Il glottologo non “dimostra” mai, mentre si limita a prospettare tesi che sono più o meno probabili o più o meno verosimili” (M. Pittau, Toponimi Italiani di origine Etrusca, p. 14).
Giovanni Caselli
Vorrei far notare agli esperti di toponomastica etrusca che la densità di toponimi etruschi, etruscoidi o etrusco-romani nel Casentino e nella Val di Sieve orientale è superiore a quella di ogni altra zona della Toscana o dell'Italia. In altri paesi se ne dedurrebbe che si tratti dell'area etnica dei parlanti la lingua etrusca. Perché nessuno ha notato o comunque discusso questo straordinario fenomeno? Oggi sulla carta i toponimi di questa origine sono circa un centinaio, ma se si cerca nei documenti o si fa una ricerca sul posto il numero risulta davvero esorbitante: 300-400 toponimi.
bea bosc
mi piacerebbe conoscere il significato di alcuni cognomi di tarquinia p.-e.Armeni