L’italiano “corvo” deriva direttamente dal latino corvus (cfr. anche l’accusativo singolare umbro curnaco), parola di remota origine indoeuropea, probabilmente onomatopeica (kr… kr). È attestata in forme affini in diverse altre aree (il che ne fa presumere una derivazione dalla fonte comune): celtica (irlandese crü, ricostruito *krowos), germanica (alto tedesco hraban, norreno hraukr) e baltica (lituano šárka, e kraûkti il verbo), oltre che greca (córax, coróne), indiana (sanscrito karavas) e nell’albanese sórre (cornacchia). Dalle lingue indoeuropee il termine è passato poi all’ebraico haraban.
Nell’Urheimat, la nordica patria d’origine dei popoli indoeuropei, il corvo doveva solcare con la sua nera figura il cielo: assurse a epifania di diverse divinità, con tratti affini. Il suo simbolismo è duale, essendo collegato sia con la saggezza, la preveggenza e la lungimiranza, sia con la morte e la distruzione: le sue peculiarità lo fanno animale solare e notturno al tempo stesso. Forse è anche per questo che viene associato al lupo, che ha analoghe caratteristiche. Gianna Chiesa Isnardi, ricordando la Hálfs saga ok Hálfsrekka (Saga di Hálfr e dei guerrieri di Hálfr), afferma che «nelle figure dei due fratelli Hrókr inn hvíti e Hrókr inn svarti “cornacchia bianca” e “cornacchia nera” è forse conservato il ricordo della duplice simbologia dell’animale» (I miti nordici). Nello Zoroastrismo è animale benefico e puro che dissipa la corruzione; il culto di Mitra definì corvus il primo grado iniziatico dei suoi misteri solari.
Nella mitologia greca il carattere solare si manifesta nel fatto che è messaggero di Helios-Apollo e collegato a Crono, ad Atena e a Asclepio-Esculapio; i corvi predissero la morte di Platone, come a Roma quelle di Tiberio e Cicerone.
Nell’Orfismo appare a simboleggiare la morte iniziatica ed è conseguentemente associato alla pigna e alla torcia, che sono simboli della rinascita metafisica. Analogamente nella tradizione ermetica è simbolo della nigredo (la morte rituale, il “passaggio alle tenebre”), come lo sono il teschio e la tomba. Il dio Brahma, nella religione hindu, si manifesta anche sotto le sembianze del corvo.
Particolare importanza riveste nella mitologia nordico-germanica e in quella celtica. Tra i Germani i corvi sono sacri a Wotan-Odino, e i suoi due corvi Huginn e Muninn (“pensiero” e “memoria”) volano nel mondo a raccogliere ogni informazione, per poi tornare a riferirla al dio sovrano. Lo seguono anche nella furiosa caccia selvaggia, e nella mitologia celtica sono sacri tanto a Lug dalla lunga lancia (così simile a Odino), quanto alla Morrigan, dea del furor guerriero e della morte in battaglia. In un mito gallese Owein è un eroe “sovrano di corvi” e si scontra con il seguito di Artù.
La diffusione in area celtica e germanica ne ha comportato una forte presenza nell’araldica, dove pare però essere confuso con la cornacchia.
Ultimo dato interessante è che il corvo è spesso associato agli occhi: non solo per via della sua capacità di lungimiranza, ma anche perché gli occhi sono il suo primo pasto quando si imbatte nei caduti in battaglia; inoltre i suoi occhi hanno potere medicamentoso. Ciò va messo in relazione con la qualità del corvo di rappresentare la prima funzione sovrana indoeuropea, quella magico-religiosa (testimoniata dal suo collegamento a Odino e Lug), come gli occhi lo sono nella gerarchia simbolica del corpo umano.
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Tratto da La Padania del 25 giugno 2000.
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