Religioni misteriche e uomo contemporaneo: un possibile incontro

misteri-antichi-e-pensiero-viventeStefano Arcella nel suo itinerario di ricercatore spirituale ha dedicato spazio significativo all’analisi del pensiero di Tradizione, si è speso in modo stimolante nell’esegesi dell’opera dei suoi maggiori rappresentanti nel Novecento, a partire da Julius Evola. Con il suo ultimo lavoro si è confrontato con un tema teorico-pratico di grande rilevanza ed interesse: da un lato ha presentato, in un ampio excursus storico-religioso, i tratti connotanti i culti misterici d’Occidente e d’Oriente, dedicando, inoltre, un vasto capitolo alla loro riemersione nel periodo rinascimentale, ma si è conclusivamente  chiesto, e la domanda è davvero cruciale per quanti si muovano nell’orizzonte speculativo della Tradizione, quale sia la Via, data la costituzione interiore dell’uomo dell’Età Ultima, oggi praticabile per una possibile riattualizzazione del retaggio spirituale misterico. Il libro cui ci riferiamo è Misteri antichi e pensiero vivente da poco edito da Controcorrente (per ordini: 081/421349, controcorrente_na@alice.it, euro 20.00).

Quando ci riferiamo ai Misteri antichi, ricorda l’autore, è bene tener fermo quanto ebbe a sostenere Aristotele. In essi l’iniziato, in funzione della Conoscenza cui era pervenuto, acquisiva una natura diversa dalla comune, risvegliava in sé la “scintilla divina”. Sulla scorta di tale acquisizione generale Arcella accompagna il lettore nel cuore vivo dei Misteri, servendosi del “metodo tradizionale” mirato a cogliere le interferenze di natura e sovranatura nonché della positiva valorizzazione di mito e simbolo, ma altresì comparando documenti e fonti come nelle corde del metodo scientifico. Il lettore riesce a cogliere così il valore della metanoia iniziatica dal punto di vista dell’interiorità. L’autore muove dai Misteri eleusini la cui fonte essenziale è rappresentata dall’Inno omerico a Demetra che narra le vicende di questa Dea e di Persefone: la discesa agli inferi di quest’ultima simbolizza la discesa nel mondo della generazione, cui segue il passaggio dall’Uno al molteplice e il successivo sforzo di liberazione che si compie in forza della Sapienza iniziatica. I Misteri celebrano l’intima connessione con il tutto cosmico degli uomini delle culture contadine, capaci per questo di percepire nel ciclo annuale l’intima connessione di vita e di morte “Esiste un legame fra il ritrarsi dell’energia fecondatrice, la “morte  del sole fisico”…e la discesa agli inferi…per trasformarla in creatività spirituale che poi sboccia e fiorisce con la primavera” (p. 27). A differenza di quanto sostenuto da Jung, il percorso misterico non aveva soltanto finalità terapeutica ma induceva all’evoluzione spirituale e all’unione con il divino. A ciò allude, secondo Arcella, la lettura steineriana dei culti ctoni, avente i suoi momenti costituivi e gerarchicamente ordinati nella contemplazione dei misteri dei fiori, dei metalli, e nei segreti dell’uomo.

Anche i Misteri dionisiaci hanno tratto rigenerante e neo-iniziale. L’abbandono della vita civile, dell’ordine della polis, il ritorno alla dimensione selvaggia ed ebbra sono letti quali segni di “…un ritorno al caos primordiale in funzione di rigenerazione vitale, di rinnovamento” (p. 44). Dioniso, distruttore del logocentrismo, coreuta, è l’aspetto dinamico del principio olimpico, il suo dilaniamento ad opera dei Titani indica il passaggio dall’Uno al molteplice che, solo grazie all’intervento di Rea, del principio femminile, può tornare al Principio. A differenza di Arcella che individua nella Via apollinea la possibilità più propria all’umanità contemporanea, chi scrive vede nel dionisismo, correttamente inteso e non certo limitato alla dimensione dell’eccesso, la possibilità tradizionale più prossima allo statuto interiore dell’uomo dell’Età Ultima. L’autore attraversa, mostrando una rara competenza specifica, altri culti misterici: presenta i momenti più rilevanti dell’orfismo facendo notare come oggi una musica sacrale ed anagogica potrebbe svolgere un effettivo ruolo rifondatore della coscienze, mentre l’amore per la natura che tale culto implicava potrebbe fondare un’ecologia del profondo. Tale aspetto risulta essenziale anche nei Misteri di Samotracia, così importanti per comprendere le origini di Roma, e nei quali è divinità centrale Hermes-Mercurio. Il ruolo del dio si spiega in quanto “L’uomo non si apre all’influsso solare…senza una facoltà di intelligenza penetrante e duttile, con le circostanze della vita, assumendole come occasione e supporto di perfezionamento interiore” (p. 88). Vengono altresì presentati i Misteri egizi di Iside ed Osiride, il loro complesso passaggio a Roma, i Misteri frigi di Cibele ed Attis, con la romanizzazione del culto della Magna Mater e la ricorrenza calendariale dell’Equinozio di primavera.

Nel quarto capitolo viene analizzata la riemersione dei “misteri pagani” nel Nuovo Inizio rinascimentale. L’attenzione esegetica è centrata sul ruolo svolto nel neoplatonismo da Pletone, ma anche sul trattato “Sopra lo amore” di Ficino, commento al Simposio platonico dal quale si evince il ruolo quint’essenziale di eros nel cosmo e nell’uomo. Nell’ultimo capitolo l’autore palesa la possibilità di una riattualizzazione del Sapere antico nel mondo attuale. L’Io oggi ha affermato la propria autonomia ma al contempo è totalmente immerso, dice l’autore, nel mondo sensibile percepito nell’esclusiva modalità quantitativa e disanimata. Per questo, non si tratta di retrocedere a stati sciamanici di coscienza e pre-individuali ma di “procedere verso la centralità dell’Io su un piano più profondo, volgendo in positivo la direzione della modernità” (p. 15).  Quali gli strumenti indispensabili? Una delle Vie possibili è quella tracciata dall’antroposofia di Steiner, Scaligero, Colazza: è necessario entrare nella “sfera delle forze organizzatrici della corporeità…mediante le forze dell’Autocoscienza…L’uomo mediante le forze dell’Autocoscienza, ha il compito di riconquistare la Luce originaria” (p. 16). Su questa strada non si può non incontrare la Filosofia della Libertà di Steiner, in cui il rapporto io-mondo è risolto in immagine vivente del pensiero, il pensare che osserva il pensiero, la forza del pensare a prescindere dal suo ancorarsi all’oggetto pensato, un pensare che si afferma da sé e sperimentabile nelle discipline interiori della  Concentrazione, Meditazione, Contemplazione. A questo punto Arcella descrive i momenti di tale processo che dovrebbe indurre una sorta di “cavalcare la tigre” di marca antroposofica, capace di trasformare il veleno in farmaco.

E sia, ma a condizione che si ricordi che anche Evola è stato latore di una radicale filosofia della Libertà. Una Libertà-Potenza e principio, abissale, non entificabile e per questo irriducibile e al nichilismo moderno e alle categorie della metafisica (in senso heideggeriano) in cui è l’ente ad essere preminente e a ricondurre sempre a se stesso. Fondamento infondato e baricentro di un’altra idea di verità. Per dirla con Donà “altra sia rispetto a quella da sempre frequentata ed esperita dai troppi e sempre astratti riduzionismi esoterici, sia da quella fatta propria invece dal rigido razionalismo scientifico e filosofico” (Fenomenologia, Roma 2007, p. 11). Ulteriore pertanto alla stessa prospettiva antroposofica.

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Giovanni Sessa è nato a Milano nel 1957 e insegna filosofia e storia nei licei. Suoi scritti sono comparsi su riviste e quotidiani, nonché in volumi collettanei ed Atti di Convegni di studio. Ha pubblicato le monografie Oltre la persuasione. Saggio su Carlo Michelstaedter (Roma 2008) e La meraviglia del nulla. Vita e filosofia di Andrea Emo (Milano 2014). E' segretario della Scuola Romana di Filosofia Politica, collaboratore della Fondazione Evola e portavoce del movimento di pensiero "Per una nuova oggettività".
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