In un saggio di Giovanni Reale il tema delle origini culturali del nostro continente
Di recente l’iter per l’approvazione del testo definitivo della Costituzione dell’Unione Europea ha aperto un ampio dibattito sulle radici e le origini dell’Europa, nel quale sono intervenuti appassionatamente molti teorici e scrittori, oltre a vari politici più o meno noti. Pochi hanno però notato o dato il giusto risalto all’intervento sul tema di una delle persone più titolate a esprimersi su questo argomento: il professor Giovanni Reale, che generazioni di studenti liceali conoscono per aver studiato sui suoi libri la storia della filosofia. Reale, che è infatti docente di storia della filosofia antica all’Università “Vita Salute San Raffaele” di Milano, ha dato alle stampe un significativo volume sulle Radici culturali e spirituali dell’Europa, pubblicato dalla Raffaello Cortina. Il libro reca il sottotitolo Per una rinascita dell'”uomo europeo”. L’autore evidentemente non allude alla vetusta classificazione homo europaeus che andava in voga nell’etnologia di fine Ottocento: con essa si designava quel tipo umano dolicocefalo e biondo che si riteneva, a torto o a ragione, essere il progenitore biologico delle civiltà d’Europa. Si riferisce invece a una forma umana dalle ben precise coordinate caratteriali, spirituali e storiche, tali da contrassegnare la più autentica “identità” dell’abitante del nostro continente.
Ma quali sono allora le caratteristiche fondamentali dell’homo europaeus? Per Reale, vi sarebbero tre elementi a distinguere l’identità dell’Europa: mentalità speculativa greca, cristianesimo, rivoluzione scientifico-tecnica. Il mondo greco ha trasmesso all’Europa la razionalità come modello; il cristianesimo ha traslato nell’uomo il ruolo centrale, che prima era prerogativa del cosmo; la rivoluzione scientifico-tecnica, da ultimo, ha dato applicazione sistematica al metodo matematico sperimentale, spesso involvendosi però in un oscuro scientismo.
La tesi sostenuta da Reale, pur se ben argomentata e non priva di riscontri letterari e filosofici, a veder bene non regge. Da una parte, gli elementi indicati da Reale sono insufficienti; dall’altra, nessuno dei tre si può dire esauriente. Non è esauriente il binomio Europa-grecità, non foss’altro perché la cultura greca si è dovuta servire in larga misura del veicolo della romanità per espandersi nel tempo e nello spazio, e la cultura latina ha impresso un suo marchio specifico sul sentimento greco del mondo. Non lo è a maggior ragione il binomio Europa-cristianità, sia perché il cristianesimo nasce fuori dei confini geografici e spirituali d’Europa, sia per la sua vocazione universalistica, che lo porta tutt’oggi a essere una religione che si propone a ogni uomo, indifferentemente dalla sua identità; e non è convincente, a ben vedere, neppure il binomio Europa-rivoluzione industriale, o Europa-Tecnica, perché (come rileva d’altronde lo stesso Reale) l’attitudine scientifica è per sua natura apolide e anch’essa universale.
Al tempo stesso, però, il trinomio proposto da Reale è riduttivo. Scrive: “Altre radici culturali e spirituali avrebbero potuto essere considerate […]. Ma, dopo attenta riflessione, ho preferito concentrarmi su quelle che considero le radici culturali e spirituali primarie in senso assoluto”. Così ci fornisce un’immagine dell’identità europea che prescinde dal ruolo giocato per millenni, nel bene e nel male, dalla romanità; dal medioevo; dall’Umanesimo e dal Rinascimento; o dal Novecento, in cui si sono viste portate a compimento premesse secolari.
Ma quand’anche tutti questi altri periodi fossero stati annoverati nelle radici d’Europa, non di meno il lavoro di Reale avrebbe ancora peccato di una grave mancanza. Poiché la storia non è la radice più antica: ve ne è una centrale che si diparte dal tronco d’Europa e che va più a fondo di ogni altra. Essa porta all’albero la linfa del passato arcaico, quello ove si trovano le cellule staminali della nostra identità. È la radice delle origini indoeuropee delle civiltà d’Europa, che richiama un’epoca in cui i nostri progenitori ancora chiamavano con stessi nomi le stesse cose, disponevano con medesime idee il mondo e non si chiamavano ancora Celti, Germani, Balti, Greci, Slavi o Latini. Prima della diaspora degli Indoeuropei per il mondo, prima che le nostre lingue venissero parlate sul 90% delle terre emerse, l’Europa già viveva e aveva una specifica identità culturale.
Così Adriano Romualdi aveva scritto, trent’anni orsono, sui destini dell’uomo europeo: “La profanazione fin delle ultime aree lasciate a modelli culturali diversi ha inutilmente infettato il nostro modello, impoverendo la ricchezza spirituale del mondo. Una paurosa desolazione dell’intero pianeta ne è la conseguenza, una devastazione che oggi ci minaccia anche nei suoi riflessi ecologici. Ma così come la guarigione è patrimonio esclusivo del malato, così il risanamento della nostra civiltà è un nostro compito interno”.
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Giovanni Reale, Radici culturali e spirituali dell’Europa, Raffaello Cortina Editore, Milano 2003, pp. 188, euro 18.
Pubblicato su La Padania del 25 novembre 2003.
Cfr. anche la recensione di questo libro di Adriano Scianca, pubblicata su questo sito col titolo Le radici dell’Europa.
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