Elisabetta Sgarbi non è Donald Trump! Il candidato repubblicano ala Casa Bianca ha citato una frase di Mussolini che non è di Mussolini (“Meglio vivere un giorno da leone che cento da pecora”) e quando gli è stata contestata dagli ipersensibili del politicamente corretto ha risposto in sostanza: Embé, è una bella frase e la cito. La pagina facebook de La Nave di Teseo, la casa editrice fondata con troppa fretta da Elisabetta Sgarbi dopo l’addio alla Bompiani (bastava che avesse aspettato un po’…) il 3 marzo 2016 ha messo in apertura una frase di Julius Evola che non è di Julius Evola (“Vivi come se tu dovessi morire subito. Pensa come se tu non dovessi morire mai”) e di fronte all’immediato sconcerto moralistico della Rete non è che ha risposto: Embé, è una bella frase, che importa chi l’ha pronunciata? L’ha invece immediatamente rimossa in ossequio alle minoranze rumorose. Mussolini si può permettere di non essere tabù in America, Evola continua ad essere tabù in Italia al punto che non si può nemmeno citare dato che c’è chi idiotamente si adonta di fronte ad una frase a lui attribuita. Una frase! Che sia stata utilizzata per ignoranza, inettitudine o provocazione, non è dato sapere.
Però… Detto questo si deve confermare che la frase NON è del filosofo tradizionalista. Come al contrario dappertutto si afferma facendo un giro nella solita Rete, ormai fonte di ogni certezza inverificata. Non lo è per molti motivi, e infatti quel che dovrebbe insospettire è che MAI si cita la fonte diretta e precisa di queste parole, né un articolo, né un libro, né una intervista.
Di chi è allora, quale la fonte, come nasce questa ennesima leggenda metropolitana che tutti ormai danno invece per certa?
Ecco i fatti: la frase venne scritta per la prima volta da Giorgio Almirante a conclusione del suo libro Autobiografia di un fucilatore (Edizioni del Borghese, 1973, p.241) esattamente così: “Accogliete dunque, giovani, questo mio commiato come un ideale passaggio di consegne; e se volete un motto che vi ispiri e vi rafforzi, ricordate: Vivi come se tu dovessi morire subito; pensa come se tu non dovessi morire mai”.
Si dice, anche, che dopo essere apparso sul libro il motto venne trascritto anche su dei manifesti nelle sezioni del MSI e su distintivi. Almirante non cita alcuna fonte, e questo dovrebbe far dedurre che la frase fosse sua.
E invece no. Il segretario missino, che era un uomo colto, l’aveva ripresa da un illustre personaggio, anche se non l’ha mai detto (e nessuno si è mai posto il problema). Oltr’Alpe lo si sa, mentre in Italia lo si ignora… Il motto, infatti, è nientemeno che di Luigi IX re di Francia (1214-1270) fatto santo da Bonifacio VIII nel 1297 e al quale sono dedicate numerose chiese tra cui una famosissima a Roma sita proprio a Piazza San Luigi dei Francesi. Il sovrano guidò due crociate, la VII (1248-1254) e l’VIII (1270), durante la quale morì. Una frase, dunque, la sua, pronunciata in epoca medievale e che tutti in Francia sanno chi la pronunciò e che è stata rinverdita nel XX secolo con singolare fortuna. Lo testimonia Massimo Magliaro, ex capo ufficio stampa di Almirante, che fu in Francia per il millenario carolingio e che la sentì ripete innumerevoli volte in dibattiti e convegni, anche da parte di Jean Marie Le Pen, il segretario del Front National con cui il MSI all’epoca era in stretto contatto.
Inoltre, si può aggiungere che Almirante non amava affatto Evola, il quale lo aveva spesso pubblicamente criticato, anche se lo citò strumentalmente durante la contestazione (“il nostro Marcuse”). All’’epoca e per moltissimi anni la frase non suscitò alcun particolare interesse o scalpore, nessuno pensò mai di attribuirla ad Evola che nel 1973 era ben vivo (morì nel giugno 1974). Dopo la metà degli anni Novanta la si cominciò ad attribuire a Moana Pozzi, la sfortunata pornostar morta nel 1994 a soli 33 anni e alla notizia, inizialmente non verificabile, che fosse una lettrice di Evola soprattutto verso la fine della sua vita. Ma la faccenda si diffuse in maniera direttamente proporzionale allo sviluppo di internet e specialmente alla nascita di Wikipedia e affini (Wikiquote, molti siti dedicati a frasi celebri ed aforismi ecc.).
Era di Moana, era di Almirante, quella frase? o di nessuno dei due, e allora di chi? Negli ambienti del MSI si diceva, e si dice ancora, che fosse di Augusto De Marsanich, ma se si gira un po’ nella Rete si trovano le più disparate attribuzioni, molte paternità: da Mussolini a Gandhi, da Martin Luther King a Schopenhauer, da Seneca a Jim Morrison… Per tutti i gusti, insomma. Nonché diverse varianti di essa. Ciò vuol semplicemente dire che nessuna di queste attribuzioni è esatta, sono riferimenti fantasma non fosse altro perché tutti privi di qualsiasi fonte precisa. L’impressione e che siano citazioni di citazioni precedenti: in un sito la frase è attribuita ad Almirante, spiegando però che citava Evola, cosa che nel suo libro non appare.
Finché di recente ecco che nasce la sicurezza che fosse di Julius Evola: lo si afferma dappertutto, ma è in fondo anche qui un citarsi reciproco, un mordersi la coda, i siti rimandano gli uni agli altri con le stesse, identiche parole. Ma da dove è nata questa certezza? E’ nata dalle parole di un libro che risulta essere l’unica fonte cui ora ci si riferisce: Neri! di Mario Caprara e Gianluca Semprini, pubblicato da Newton Compton nel 2009, un ennesimo centone sull’estremismo di destra e il “terrorismo nero” dal 1945 a oggi. Ad un certo punto, a p.151, si legge: “Nel periodo in cui si occupava dell’edizione di un giornale erotico da lei pensato poco prima di morire, Moana Pozzi amava ripetere (anche davanti a uno degli autori di questo libro, che ha lavorato in quella redazione per una decina di anni) una frase di Julius Evola e che Giorgio Almirante aveva fatto apporre in un poster destinato alle sedi dell’MSI: ‘Vivi come se dovessi morire subito, pensa come se non dovessi morire mai’”.
Tra parentesi, i due autori non hanno certo Evola in simpatia anche se non arrivano al punto di demonizzarlo come altri: si può dire che addirittura si sforzano di essere obiettivi, ma di certo non sono affatto aggiornati e piuttosto succubi del luogo comunismo, sicché scrivono svariate sciocchezze ed esagerazioni che tendono a presentarlo, come già altri, come fosse un “responsabile morale” di certo terrorismo ed eversione di destra. Ad esempio, allorché affermano che “le teorie di Evola erano destinate a sconvolgere centinaia di menti destrorse già inclini al ribellismo” (sic!) tirando in ballo non solo Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale ma addirittura “la destra golpista e filoamericana” de La Rosa dei Venti e del Fronte Nazionale (riferimento del tutto inedito e loro personale, mai fatto prima da altri) e quando gli attribuiscono la teoria del “soldato politico” (termine da lui mai usato) che è invece di Franco Freda. Gli autori non comprendono affatto il senso né de Gli uomini e le rovine (1953) né di Cavalcare la tigre (1961) ritenendo, anche qui per la prima volta in simile contesto, che il primo abbia avuto maggiore influenza del secondo in questi ambienti. Inoltre, pare non sappiano che i NAR e gli ordinovisti post rautiani disprezzavano Evola uomo e pensatore (rimando a quanto scritto nella ed. 2009 di Cavalcare la tigre, oltre al mio Elogio e difesa di Julius Evola ormai di venti anni fa). Bontà loro gli autori concludono che “non è certo un fatto che può essere dato per scontato” che “sia stato Evola in persona a spingere a spingere le teste più calde al compimento di azioni eversive”. In persona! Però, rimane l’insinuazione… Un’altra occasione perduta, a causa di rimasticature e conformismi, per cercare di capire bene quel periodo.
Insomma, la fonte su cui si basa tutta la Rete, dal momento in cui è apparsa questa notizia nel libro in questione ed è stata travasata su internet, è dunque soltanto questa: una fonte di terza mano, che attribuisce alla sfortunata Moana l’affermazione che la paternità della frase è di Julius Evola. Frase ricordate anche negli articoli apparsi per l’anniversario della morte della pornostar nel settembre 2014, pur se con alcuni dubbi in merito. Quindi, altro di preciso e di concreto non c’è. Che Moana Pozzi abbia detto queste cose non ci sono dubbi – lo conferma un testimone diretto – ma che abbia detto cose giuste è un’altra faccenda.
Di certo il Barone, con la sua autoironia provocatrice, ne sarebbe stato lusingato, alla faccia dei cupi bacchettoni sessuofobi che non perdono occasione di denigrarlo su questo piano inventando anche parecchie calunnie. Ma Moana aveva 13 anni quando lui morì e non pensava ancora d’intraprendere la sua dirompente carriera. In seguito, affascinata evidentemente dalla figura e dagli scritti di Evola, gli attribuì quelle parole, forse orecchiando e parafrasando qualcosa d’altro, e si sbagliava… Tutti adesso credono a Moana, ma non si cita mai dove e come il Barone avrebbe scritto o detto quella frase, e senza una fonte chiara e precisa – che non esiste – darne a lui la paternità è una leggenda metropolitana, oltre che un errore, pur se gli ha procurato una notorietà inaspettata. Al massimo si dovrebbe citare come fonte primaria Giorgio Almirante, unico padre riconosciuto (anche se a quanto pare citava a sua volta addirittura un santo, anzi un re santo), in attesa di precise smentite ed esatte attribuzioni, e non le dozzine che si propongono.
P.S.: La Rete, che è così occhiuta, prenderà atto della questione? e la falsa attribuzione verrà corretta per non perpetuare un equivoco?
Bruno
La frase è del Profeta Mohammed.
Tante chiacchiere per nulla…
chi cavolo lo sa
macche’ Evola, macche’ Pozzi, macche’ Mohammed! E’ Gandhi! Le chiacchere le fate voi.
Le_marquis
Un gran parlare di fonti, com’è giusto. Ma, al momento di attribuire la frase al Re Santo, il problema delle fonti sparisce, aria, non ce lo si pone più.
Tant’è che si torna a cercare l’origine del detto, attingendo all’alone misterioso della Fata Moana.
Bah!
Ram
L’ho detto io, modestamente. La fonte è roba da nerd fascio-scientisti, specie per una frase dall’impronta così universale.