Attraverso i canali informali della “repubblica delle lettere” – e sia pur con un ritardo imbarazzante di giorni – si è venuti a sapere in Italia della scomparsa di Armin Mohler. Un autore che avrebbe meritato maggior fama presso il grande pubblico, per il prezioso ruolo di “raccordo” svolto nella cultura europea e per la valorizzazione del patrimonio del pensiero tedesco d’inizio secolo.
Nato in Svizzera, dove le tre principali nazionalità del continente si incontrano, fece a vent’anni la sua scelta di campo, seguendo una “sirena” che attirava molti giovani – più di quanto si sospetterebbe – dai paesi neutrali: la sirena dell’arruolamento volontario nell’esercito del Reich. A guerra persa, Mohler sarebbe potuto rifluire in una esistenza ordinaria, come i Tedeschi di cui era corso in aiuto, o proseguire in un impegno attivistico dai toni nostalgici e estremi. Egli scelse una terza via distinta dall’una e dall’altra e da uomo di cultura si dedicò al recupero dei filoni culturali più vivi della Germania d’inizio secolo, ricostruendone i legami di discendenza dai grandi Romantici e da Nietzsche. L’opera che prese corpo da questo impegno, La rivoluzione conservatrice in Germania, fu fondamentale: apparsa tra le macerie dell’immediato dopoguerra ebbe un effetto “ricostruttivo”.
Molti allora prendendo a pretesto la necessità di una “de-nazificazione” avrebbero voluto cancellare un’eredità culturale immensa, riconducendo con un brusco passaggio di pensiero ogni espressione letteraria, filosofica agli slogan della ideologia bruna. Mohler mostrò la vastità e le variazioni di una cultura che non poteva essere ridotta in toto alla sua estremizzazione völkisch. Poi fu a fianco dei grandi pensatori – Jünger, Schmitt – sopravvissuti allo sfascio della potenza tedesca. Sempre con l’aria del discepolo, di colui che raccoglie con umiltà perle di saggezza da custodire. In Italia si accorse immediatamente di lui Julius Evola; l’opera di Mohler favorì il maturare di concezioni più approfondite, meno stereotipate sulle correnti della cultura tedesca. “Senza Mohler – dichiara Hans Thomas Hakl, massimo esperto di Evola in lingua tedesca – non si sarebbe potuta concepire la rinascita di un pensiero a orientamento nazionale in Germania e si sarebbe perso il contatto con autori tanto importanti come quelli della rivoluzione conservatrice”.
Sarebbe difficile concepire anche la nascita della Nouvelle Droite senza l’apporto di Mohler e l’intenso legame intellettuale ed umano con De Benoist. Interpellato da Linea, Alain De Benoist ha ricordato con commozione l’autore, sottolineando la sua capacità di superare i vecchi steccati nazionalistici: “Mohler era stato il corrispondente a Parigi di molti grandi giornali tedeschi. Aveva maturato una profonda ammirazione per il generale De Gaulle e non aveva mai smesso di difendere l’idea che l’accoppiata franco-tedesca potesse divenire uno dei principali motori dell’Europa. Come al solito, aveva ragione”.
Mohler insomma ha lasciato una impronta profonda negli ambienti culturali veraci di Germania, Francia, Italia. A differenza del suo venerato maestro Jünger, di cui fu segretario particolare, gli occhi di Mohler hanno visto il terzo millennio dopo aver superato la bufera del Novecento. Questo sia di auspicio per i suoi lettori di oggi che vogliono inoltrarsi nel duemila “dimenticando” (vecchi atteggiamenti negativi) e “ricordando” (le severe lezioni della storia) così come impone la vita; “conservando” e “rivoluzionando”, così come ci ha insegnato lui.
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Tratto da Linea del 17.VII.2003.
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