MARBAS
È signore dell’inversione sessuale: quando arriverà lui non ci saranno più né maschio né femmina.
Satana, Liturgia infernale, Società Editrice “Il Ponte Vecchio”.
Sembra proprio che oggi il mondo sia caduto sotto la signoria del demone Marbas, visto che l’inizio del XXI secolo celebra i trionfi satanici della confusione sessuale. In questo clima allucinato è quanto mai opportuna una ricognizione delle fonti che hanno portato l’umanità a questa condizione straniante e poco verosimile.
Una delle intellettuali che hanno maggiormente contribuito alla formazione dell’ideologia femminista è Emma Goldman, ebrea proveniente dalla Lituania, vissuta fra il 1869 e il 1940. Una raccolta di tre saggi della Goldman particolarmente illuminanti è pubblicata nel volumetto Amore emancipazione. Il libretto accoglie anche una interessante notizia biografica sulla Goldman, che non si è fatta davvero mancare nulla: ha partecipato ad attività di anarchici americani, di rivoluzionari bolscevichi, di comunisti spagnoli e di antifascisti italiani…
Il primo saggio è intitolato Il voto alle donne. Si tratta di uno scritto di sorprendente attualità, poiché vengono abbozzati tutti i temi cui oggi attinge a piene mani la propaganda di regime femminista. Lo scritto, tuttavia, si produce anche in poco lusinghiere considerazioni sulla stessa natura delle donne: “la donna, più ancora dell’uomo, è una adoratrice di feticci, essa è sempre inginocchiata, sempre a mani giunte”. Se lo avesse detto un uomo sarebbe stata una inaccettabile dichiarazione maschilista, ma in realtà proprio questa è la caratteristica delle moderne società femminilizzate: una mentalità servile in cui singole persone e intere nazioni si lasciano sottomettere, con brividi di piacere masochista, attraverso l’esproprio di sovranità e la soppressione dei più elementari diritti civili. Inoltre la rivoluzionaria femminista dà spettacolo con quest’affermazione: “la religione, in particolare la religione cristiana, ha condannato la donna alla vita di un essere inferiore, di una schiava”. Quest’opinione stupisce per la grossolana generalizzazione, ma si tratta di un linguaggio collaudato e di sicuro effetto presso il pubblico progressista. Il saggio propone frasi e slogan che oggi sono propagandati da tutti i mass media: la famiglia è una prigione, la donna deve pagare il pedaggio alla Chiesa e allo Stato, la donna dovrebbe avere diritti legali sul salario del marito, e altre corbellerie di questo genere…
Ma nonostante tutto ciò, l’autrice si lancia in una vera e propria critica…della democrazia! Infatti la Goldman sostiene che avere il diritto di voto non significa affatto essere liberi, anzi lo stesso voto può trasformarsi in un efficace metodo di controllo delle masse. Così l’autrice notava che nei paesi in cui le donne avevano ottenuto il voto, i problemi sociali non accennavano a scomparire, tutt’altro! La stessa condizione femminile, inoltre, tendeva a essere ulteriormente aggravata dallo stile di vita della civiltà industriale: oltre al tradizionale lavoro casalingo, le donne sempre più spesso erano oberate dal lavoro in fabbrica. Stava nascendo l’infernale meccanismo della società dei consumi che spinge tutti gli individui a un produttivismo esasperato!
Il secondo saggio, dal titolo La tratta delle bianche, è dedicato all’eterno tema della prostituzione. Il mestiere più antico del mondo si è manifestato nelle forme più diverse. Il paganesimo, nella sua infinita saggezza, aveva assegnato alle prostitute anche ruoli sacerdotali. La Chiesa medievale non era stata così stupida da vietare la prostituzione, lasciando il problema al libero arbitrio delle coscienze individuali. Con la nascita della morale puritana protestante cominciano legislazioni puramente repressive, che germogliano nell’ideologia femminista: naturalmente per la Goldman la prostituzione non è altro che una manifestazione della prevaricazione maschile sulla donna. Ancor oggi le femministe e i loro mercenari uomini, invocano a gran voce legislazioni punitive per i maschi che frequentano prostitute, ma non per le donne che si prostituiscono: la donna non è mai colpevole, sembra quasi che per la legislazione femminista la donna sia incapace di intendere e di volere (ma non è forse questa una concezione davvero riduttiva della donna?).
Ad ogni modo sarebbe auspicabile vedere applicate leggi di questo genere, poiché comunismo e femminismo affermano all’unisono che lo stesso matrimonio è una forma di prostituzione; l’applicazione della legge, pertanto, avrebbe esiti a dir poco spettacolari sui suoi stessi bigotti sostenitori!
Tanto più che la prostituzione è ampiamente diffusa negli ambienti omosessuali e transessuali: se il legislatore pensa di vietare anche la prostituzione omosessuale, è destinato a un clamoroso autogol…
E infine la stessa democrazia di mercato non è forse la più conclamata e vergognosa forma di prostituzione? Come si vede il ragionamento può portare molto lontano…
La prostituzione un tempo rappresentava per i maschi un momento altamente ritualizzato di iniziazione sessuale, e dava al maschio un certo distacco psicologico nei confronti della femmina. Si creava così un correttivo fra i due sessi, essendo la donna psicologicamente più forte dell’uomo. Estromettendo la prostituzione dall’orizzonte della legalità la classe dirigente ha ottenuto un duplice obiettivo: l’indebolimento del maschio e il rafforzamento del mercato nero che alimenta la società multicriminale.
Il terzo saggio è intitolato Amore e matrimonio. Anche qui vengono anticipati i luoghi comuni e le insulsaggini che oggi siamo abituati a sentire ogni giorno: le donne sposate rinunciano alla loro realizzazione, le donne si sposano perché sono tenute nell’ignoranza, il matrimonio è un fallimento annunciato, la donna è una macchina per fare figli…
I sostenitori della distruzione del matrimonio ancora oggi non ci spiegano quale sarebbe la brillante alternativa alla famiglia, ma è fin troppo facile intuire quali siano i loro obiettivi: abolizione del diritto all’eredità, con la conseguente abolizione della proprietà privata… Una strada fra le tante per arrivare a un nuovo collettivismo comunista, il sogno nemmeno troppo dissimulato delle classi dirigenti occidentali!
Il libro della Goldman è un utile punto di partenza per sviluppare una critica dei dogmi femministi, cha hanno l’aspetto di un Moloch inattaccabile, ma che sul piano logico possono essere smontati molto facilmente.
Partendo da questi dogmi, la sessualità maschile viene costantemente criminalizzata da un sistema mediatico totalmente monopolizzato dalla lobby femminista. Si è arrivati al punto che una sentenza della magistratura ha stabilito che… guardare una donna è molestia sessuale! In buona sostanza si vuol far passare il concetto che l’uomo è colpevole perché desidera la donna, che è un po’ come dire che si è colpevoli di avere fame, sete, sonno…
E quest’idea si traduce in una gigantesca campagna di diffamazione contro il genere maschile.
Sulla base di questi assunti la disinformazione di regime afferma che milioni di donne sarebbero vittima di violenze sessuali, peraltro passando vergognosamente sotto silenzio il fatto che quasi tutti i casi di violenze carnali sono stupri etnici commessi dagli extracomunitari ai danni delle donne autoctone! Inoltre non si capisce perché ci siano donne che continuano a frequentare la compagnia maschile, visto che gli uomini vogliono violentarle, perseguitarle, ucciderle ecc…
Evidentemente per la psicologia infantile della cultura di massa la commedia del vittimismo è buona per tutte le stagioni. Ma quando la cultura progressista si trova a dover affrontare l’imbarazzante questione della donna nell’Islam il sistema mostra tutta la sua intrinseca fragilità. Indubbiamente nel mondo islamico la condizione femminile è assai lontana dalle concezioni occidentali, formate dalla cultura classica e cristiana. Il tema è pertanto fra i più stimolanti e ricchi di sviluppi, poiché le femministe sono responsabili del buco demografico che è stato riempito con masse di extracomunitari, spesso di religione musulmana, o comunque abituati a stili di vita piuttosto “arcaici” (forse stavolta si sono scavate la fossa da sole…).
Un’altra grande questione che la classe dirigente si troverà a dover affrontare è quella dell’ingresso delle donne in Massoneria. La struttura di potere delle democrazie occidentali è basata sulla rete sotterranea delle logge massoniche, ma al momento la Gran Loggia Unita d’Inghilterra, punto di riferimento della Massoneria mondiale, non ammette le donne. Che cosa accadrà quando le donne reclameranno pari opportunità anche per accedere alle logge massoniche? Non è escluso che possa essere proprio questo il punto di rottura del sistema…
La pubblicistica femminista, con espressione infelice e patetica, invita le donne a “tirar fuori le unghie” e non nasconde le sue intenzioni sterminazioniste verso il genere maschile: gli insulti che la stampa femminista vomita quotidianamente contro i maschi ricalcano le argomentazioni che la pubblicistica nazista utilizzava contro gli ebrei, ma le femministe sono libere di propagandare le loro tesi nella più assoluta impunità! Così la cultura di regime, in una stanca ripetizione dei luoghi comuni dominanti, inscena il rovesciamento della realtà con lo schema ormai visto mille volte: i presunti svantaggiati ti puntano il coltello alla gola e hanno la pretesa di farsi passare per vittime!
Infatti nel carnevale osceno della società dei consumi la donna è in una posizione di notevole vantaggio rispetto all’uomo: la società dello spettacolo e la pratica dello shopping compulsivo rappresentano il trionfo della mentalità femminile. Il predominio della donna, oltretutto, è fondato su presupposti assai discutibili: dall’aborto legalizzato all’insieme di leggi che mettono l’uomo in condizione di minorità giuridica…
Utilizzando il linguaggio commerciale si potrebbe dire che, quanto meno, si tratta di concorrenza sleale!
Le argomentazioni con cui si tenta di puntellare il sistema sono a dir poco deliranti: per giustificare l’aborto le femministe hanno elaborato l’originale concetto di “schiavitù biologica” della donna. Ma su questa base si potrebbe obiettare che ogni individuo vive in stato di schiavitù biologica perché è costretto a nutrirsi, quindi le autorità dovrebbero provvedere a nutrire tutti i cittadini senza che questi abbiano a disturbarsi per procurarsi il pane col lavoro!
Oggi il femminismo rappresenta il centro nevralgico del potere costituito, tutelato dall’inquietante sorveglianza dei ministeri per le “pari opportunità”, e fiancheggiato dalla martellante propaganda dei mass media. Colpisce, in particolare, l’astrattezza ideologica del linguaggio femminista: come i comunisti pretendevano di parlare a nome dei “lavoratori”, così le femministe pretendono di parlare a nome delle “donne”, come se i loro banali slogan dovessero rappresentare l’infinita varietà e le diverse sensibilità dell’universo femminile.
Eppure dietro la roboante retorica femminista c’è il grande tema, costantemente censurato, del disagio maschile; l’accondiscendenza con cui la popolazione maschile accetta i soprusi femministi è un mistero doloroso di cui è difficile rendere ragione, e lascia intuire che le forze occulte stiano utilizzando tecnologie per la manipolazione genetica e cerebrale…
In anni recenti l’esercito americano ha comunicato di aver messo a punto armi chimiche che alterano l’equilibrio ormonale. Ufficialmente gli esperimenti non sono stati portati avanti, ma a giudicare da come si comportano i maschi c’è da pensare che in realtà tali ordigni vengano impiegati massicciamente…
Tuttavia non si può tacere che i maschi, da parte loro, sono i primi responsabili di questa situazione, visto che non riescono a reagire al femminismo. Non è inseguendo le femministe sul piano delle rivendicazioni che si può arrivare a una riconsiderazione della questione maschile: sul terreno del vittimismo vincono sempre loro!
I maschi potranno arrivare a un riequilibrio dei ruoli se sapranno recuperare e adattare ai tempi i loro stereotipi tradizionali: quelli dell’eroe, del guerriero, del ribelle…
* * *
Emma Goldman, Amore emancipazione. Tre saggi sulla questione della donna, Edizioni La Fiaccola, Ragusa 1996, pp. 56.
ROSA RITA
La maggior parte delle molestie o delle violenze o delle insistenti costrizioni provengono dai nevrotici connazionali.. frustrati per le cause enunciate in questo medesimo articolo.. infatti si registrano aumenti di comportamenti aggressivi verso il sesso femminile a causa della debolezza di chi non sa più come sopraffare le donne. Spiace dover dire tali cose, rischiando di apparire vittima di ascendenze femministe pure io, ma bisogna dire le cose come sono.
La prostituzione come rituale è una bellissima idea, capisco.
Ricordiamoci che nella realtà non esistono moltissimi nobil uomini di così alta cultura. Molto spesso si avrà a che fare con esseri disgustosi alla vista e al tatto che proprio per questo non possono far altro che comprare una merce di sfogo dei loro impulsi repressi.
Beyazid II Ottomano
Cara signora Rita da Cascio,
se vogliamo dire le cose come sono, diciamo pure che la "domanda" nasce non dalla malvagità o dalla perversione dell'uomo, ma dalla disparità di numeri e desideri, nella sfera dell'amore sessuale, voluta dalla natura per i suoi fini, favorevole grandemente alle donne e da queste sfruttata (materialmente o idealmente, economicamente o sentimentalmente, in termini di moneta o di autostima, di doni o di corteggiamenti) senza remora alcuna ed accresciuta sino alle estreme conseguenze, in ogni tempo, in ogni luogo ed in ogni modo.
La prostituzione non è che l'abbreviamento e la razionalizzazione di tutto ciò. E' uno dei tanti modi in cui, come in natura, la brama di bellezza e di piacere del maschio viene sfruttata dalla femmina (non è automatico come detto prima il significato negativo di tale termine) per fini di propria utilità.
E' prediletto dai maschi stessi ad altre forme di sfruttamento (tipiche delle donne oneste, con le quali si deve pagare con probabilità 1 e ricevere con funzione di variabile aleatoria, e spesso si rimane vittime di raggiri economico/sentimentali, leggi fidanzamenti e regali costosi e/o matrimoni, e sovente si deve pagare in sincerità, dignità suppliche, nel recitar da cavalier serventi miranti supplici e pronti a tutto per la sola speranza o da giullari per dilettarle magari lasciandole irridere al desiderio, o comunque sempre da seduttori per compiacere la loro vanagloria) perché non vi è quasi mai l'inganno ma quasi sempre il consenso bilaterale
e soprattutto perché il prezzo, per quanto elevato (e comunque sempre stabilito dalla femmina) è noto a priori (dunque non ci si può poi lamentare).
Tu vuoi mostrare come nostra volontà di opprimere quanto è semplice autodifesa dalla vostra prepotenza vanagloriosa o comunque innocente tentativo di appagare i nostri bisogni naturali di ebbrezza e piacere dei sensi.
Veramente perfida è la lingua di chi attribuisce a colpe o difetti del singolo uomo quanto nasce dalla universale necessità di compensare quelle disparità naturali (di numeri e desideri) in cui ogni singolo uomo ha la (s)ventura di trovarsi nei rapporti con le donne.
Non c'entra l'emancipazione, c'entra la bellezza.
La verità è che dobbiamo avere qualcosa per bilanciare in desiderabilità e potere quanto a voi è dato dalla bellezza, altrimenti per noi saranno solo tirannie e inappagamenti (io li ho provati nel periodo scolare, come tutti i maschi reali e non inventati dai telefilm. Ora che inizio ad avere un posto nel mondo va meglio).
Se una fanciulla ha la bellezza per farsi immediatamente apprezzare e disiare un fanciullo deve possedere qualcosa d'altro per allettare con la stessa rapidità la donzella, altrimenti risulta condannato ad una situazione chiaramente impari,in quanto lei è apprezzata immediatamente e a priori per quello che è (bella) mentre io sono obbligato a "fare qualcosa" (in forme moderne o convenzionali non ha importanza) nella speranza di conquista.
Non parlo delle qualità soggettive, aleatorie, o d'apprezzamento casuale ed arbitrario. E nemmeno di quelle profonde dell'animo che si scoprono soltanto con la conoscenza intima o raffinatamente intellettuale.
Discuto di quelle doti immediatamente evidenti, desiderabili ed oggettivamente apprezzabili dal mondo, in grado di conferire con certezza e rapidità uno "status" sociale, una capacità di attrarre, un'aurea di ammirazione e quasi di stupore, un valore materiale o spirituale da tutti riconosciuto, tale da poter essere "scambiato" con la bellezza, o comunque da conferire lo stesso fascino, lo stesso riconoscimento e gli stessi privilegi di essa, in modo da "pareggiare" il rapporto con la bella donna.
E se vogliamo proprio parlare di emancipazione, cosa è mai questa parala, se non il paravento morale di chi prima ha smantellato tutte le mirabili strutture (dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della società) edificate nei millenni dai saggi (dei popoli fondatori di città e civiltà) per compensare tutto quanto in desiderabilità e potere è dato alle donne per natura (dalle disparità di desideri e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madre) e poi senza limiti nè remore nè regole fa uso delle proprie armi naturali per raggiungere (sempre dietro il paravento della "parità" formale) un'incontrastata preminenza nelle sfere più rilevanti davanti alla natura, alla discendenza e alla felicità individuale (aiutata in questo peraltro da leggi applicate a senso unico contro ogni etica, ogni natura e ogni diritto, come nel caso di aborto, divorzio e violenza sessuale)?
Ora, in qualche modo bisogna pur bilanciare (con lo studio, il lavoro, il denaro, il potere, la cultura, il prestigio, il successo, la fatica, l'impegno, la fortuna e/o il merito individuali) il privilegio posseduto dalle donne per natura prima ancora che per cultura, di essere dal mondo apprezzata, ammirata, disiata al primo sguardo in sé e per sé, per la sua grazia, la sua leggiadria, la sua essenza mondana (quando manca la bellezza, vi supplisce l'illusione del desiderio), senza bisogno di compiere imprese (cui sono invece costretti i cavalieri i quali senza esse restano purno nulla) o di mostrare necessariamente altre doti (poiché l'uomo la desidera primieramente per la bellezza).
E in un mondo capitalista il modo principe è il denaro, prostituzione o meno, piaccia o non piaccia (a voi e a noi).
Ma a noi il mondo moderno non piace. Per questo siamo con la Tradizione.
Se però per te la gerarchia, la tradizione, la libertà come compimento della propria specifica natura (e quindi del proprio diverso ruolo) sono sopraffazione, allora che ci fai qui? Vai a scrivere in un blog di progressisti.
E poi tutte queste violenze/molestie andrebbero dimostrate e valutate caso per caso (e lì vi sarebbero le sorprese, altro che "grandi numeri": quando la definizione di violenza o molestia è lasciata all'esclusivo arbitrio della persona che ritiene di averla subita, e non vi è alcun obbligo di provare le proprie affermazioni o anche solo di fornire riscontri oggettivi sui fatti comunque interpretati, e quando la prospettiva sugli stessi è soggettiva ed unilaterale, mentre l'altra campana è tenuta a tacere i numeri che appaiono possono essere tutti gli interi da 0 a + infinito) ). Io vedo discriminazioni giuridiche a danno degli uomini (con le leggi su aborto, divorzio e violenza sessuale fuori da ogni concetto di "uguaglianza", "diritto" e "ragione", soprattutto nella loro interpretazione a senso unico, nella loro omnicomprensiva vaghezza di definizioni e nel loro spregio per ogni oggettività del diritto e per ogni presunzione di innocenza). Tu in che mondo vivi?
In quello in cui vivo io le donne credono di potersi permettere di tutto davanti all'uomo (in ogni occasione di incontro qualsiasi provocazione, qualsiasi sofferenza psicologica, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi irrisione al disio, qualsiasi umiliazione pubblica e privata, persino qualsiasi inflizione di inappagamento fisico e mentale degenerante in ossessione e di qualsiasi disagio da sessuale ad esistenziuale, e in ogni rapporto qualsiasi perfidia sessuale, qualsiasi tirannia erotica, e financo qualsiasi sbranamento economico-sentimentale) senza temere la reazione poichè protette dal loro status e invece ogni tanto la pazienza finisce e con essa il loro "diritto" a servirsi di quanto di più oscuro è nell'umano per esercitare il proprio capriccio, il proprio basso interesse, il proprio sadico diletto, la propria vanitosa prepotenza e la propria vanagloriosa tirannia.
Ogni tanto la pazienza degli uomini, solitamente tonti da credere alle menzogne femminee e da lasciarsi ingannare da come le femmine sanno intorpidire i sensi e le idee a similitudine di come le seppie prive di altre armi intorpidiscono l'acqua, finisce. E' così che (come accadde nel tempo in cui i grandi popoli fondatori di città e civiltà ordinarono in Kosmos il chaos delle società matriarcali senza classi) si dissolvono le oscurità femminili e ritorna il sole di Apollo, luce, ragione e forza fondatrice di civiltà. Ma del resto ti capisco se anche tu sei femminista e neghi l'evidenza. Le grandi menzogne hanno sempre grande successo.
Quanto la menzogna femminista chiama potere "maschilista" non è altro che una umana, giusta, moderata e necessaria compensazione di quell'influenza a volte persino tirannica esercitata in ogni tempo, modo e luogo dalle donne senza remore nè limiti per tramite di quei ruoli da esse coperti per natura e che nessuno stato e nessuna cultura per quanto apparentemente misogini possono cancellare. E' l'influenza profonda di cui parla Rousseau. Tale potere non ha bisogno di essere riconosciuto poichè esiste e si esplica per natura. E' quello maschile di compensazione che deve essere rivendicato e affermato da uomini intelligenti. Purtroppo i moderni sono (da ormai due secoli) dei rimbecilliti.
Poi, certo, esistono davvero gli "uomini che odiano le donne". E certo….
In un sistema che tratta come un animale, moralmente, socialmente e pure legalmente, chi non ha altra colpa dal voler appagare il proprio naturale bisogno d'ebbrezza e piacere dei sensi con una varietà multiforme di creature femminili (basta vedere i films in cui chiunque non si costringa alla monogamia viene raffigurato o come un bruto e maniaco da punire e umiliare in ogni modo o come uno sciocco prepotente da condannare all'inferno o da far patire in terra nelle più atroci torture fisiche e mentali, e in cui anche il fanciullo mosso da ingenuo trasporto verso la bellezza viene ridotto ad uno stupido di cui farsi beffe o a un prepotente da distruggere se non si piega al costume femmineo di far concidere bisogni sessuali e bisogni sentimentali, ammesso le donne conoscano quest'ultimi)
che proibisce e quindi rende di fatto impossibile ad ogni uomo normale appagare il proprio bisogno di godere della bellezza nella vastità delle creature femminee in maniera quantitativamente e soprattutto qualitativamente soddisfacente, costringe tutti a tentar la fortuna con donne di bellezza non mai alta ma di comportamento sempre altezzoso e obbliga tutti a passare per le forche caudine del corteggiamento (nelle quali la dama di turno potrebbe permettersi letteralmente di tutto per ferire intimamente, umiliare davanti a sè o agli altri, irridere nel disio, far sentir nulla, tiranneggiare o costringere alla frustrazione fisica e mentale e al disagio da sessuale ad esistenziale, con conseguenze variabili dall'anoressia sessuale al suicidio, dall'incapacità a sorridere alla vita e al sesso a quella di approcciarsi ad una donna senza temere di vedervi la sorgente di tirannie, perfidie e umiliazioni, e nelle quali comunque, anche senza stronzaggine, sono presenti le autoillusioni, le infelicità e gli inappagamenti naturali), che permette anzi esalta la stronzaggine come costume (ivi compresa la violenza fisica e psicologica così in voga nei film americani in cui si ride di ogni uomo preso a calci nella parti intime ad arbitrio della donna di turno) e rende penalmente rilevante, socialmente condannato e degno della più ampia punizione possibile qualsiasi atto, detto, toccata o addirittura sguardo (non avente in sè nulla nè di violento nè di molesto ma la sola colpa di esprimere naturale disio per il corpo della donna e di non essere a posteriori gradito da lei che magari lo ha implicitamente indotto o almeno socialmente preteso) ferisca anche solo minimamente (a insindacabile giudizio della presunta vittima assunta a unica fonte di verità e sensibilità umane) la soggettiva sensiiblità femminea mentre altrettanto non fa valere per quanto in maniera spesso più rilevabile e chiara ferisce la corrispondente, diversa e non già inesistente sensibilità maschile,
che legalizza l'aborto perchè diritto della donna e considera crimine supremo la pedofilia perchè crimine maschile ricomprendendo in essa anche quanto per una grande civiltà come quella greca sarebbe stato educazione completa del fanciullo, che rende legalizza lo sbranamento economico sentimentale re dende possibile a qualsiasi donna ridurre un uomo allo stato di esule ottocentesco privo di casa, famiglia, roba, o comunque di morto vivente depredato di ogni affetto, di ogni altro interesse per la vita e di ogni residua speranza di felicità e poi chiama stalking il tentativo o di mantenere legami con la propria famiglia, di riconquistare l'amanza perduta o di vendicarsi per quanto non umanamente sopportabile senza reagire, che rende possibile finire a tempo indeterminato in galera per la sola parola di una donna senza riscontri oggettivi,
per colpa di una legge inquisitoria che non ammette nemmeno per ipotesi la donna accusatrice poter mentire (e per questo anche Tyson è stato condannato da innocente, non avendo potuto nemmeno citare il precedente di falsa accusa della mentitrice di turno), considera seconda violenza anche solo mettere temporanemante in dubbio le parole della donna o almeno pretendere riscontri oggettivi e credibii dal racconto, e rende perciò impossibile l'accertamento della verità (la quale può essere raggiunta solo se prima si mettono in dubbio tanto la tesi dell'accusa quanto quella della difesa e poi si cercano prove fattuali a supporto dell'una o dell'altra) e l'affermazione della giustiza (la quale in uno stato di diritto, in caso di ragionevole dubbio, deva far valere la presunzione di innocenza, non potendo accettare il rischio di mandare in carcere chi non abbia fatto nulla di male)
è ovvio qualche d'uno su milioni si RIBELLI!
Non è fare vittimismo, è affermare che quando l'occidente crollerà non avrete più diritto ad invocare il nostro aiuto come ai tempi degli Unni o dei Tartari. Buona fortuna……
P.S.
Visto che noi colti e rispettabili puttanieri siamo 9 milioni, significa che per te quasi tutti gli uomini italiani fanno schifo. Chissà se potrei dire cosa penso delle mie connazionali (di bellezza quasi mai alta, ma di comportamento sempre altezzoso)? Fovrei prendere a prestito qualche verso dai sonetti del Berni.
emilio michele faire
vorrei contribuire alla discussione con questo video:
http://www.youtube.com/watch?v=WN_vsAUEE8s
mi pare tratti i temi individuati, non senza virulenza, da Beyazid, e dia l'unica risposta che non ammette repliche, perchè pronunciata solo in quel non linguaggio e non tempo della musica, sul tema della bellezza femminile – del ruolo quindi della donna nella grande polarità dell'universo oh yes – e della sua possibilità redentrice e trasformatrice. provare per credere, con ascolto preferibilmente in cuffia e occhi negli occhi di anne sofie von otter. E.M.F.
ROSA RITA
Rimanendo sempre rispettosa e riguardosa nelle persone che interagiscono con me, mi permetto di segnalarle che gli entusiasmi progressisti e tutta una serie infinita di nefandezze me le ha gentilmente appioppate Lei, illustre sconosciuto.
Infatti, le statistiche fatte da centri di ricerca o da scribani di Stato non mi interessano. Quest'aria da sfida e combattimento reciprocamente diffamatorio e distruttivo sta portando alla definitiva caduta.
Auspico un nuovo tempo.
Mi fermo, non è luogo idoneo a inerpicarmi in lungaggini di parole .
Riguardosi saluti.
Beyazid II Ottomano
Mi accorgo ora che si trattava di Santa Rita da Cascia e non da Cascio. E' evidente che mi intendo più di puttane che di sante.
Poiche le critiche delle donne italiane in fatto di uomini sono sempre le stesse e trasversali alle correnti politico-culturali, sono solito tenere un database di risposte, da cui fare di volta in volta gli opportuni copia/incolla. Data la tarda ora, questa attività ha implicato numerose sviste (singolari per plurali, una lettera per l'altra ecc.). Me ne scuso per primo (anche se forse un po' di naturalità letteraria, nell'ingessata e piatta scrittura oscillante fra i sintagmi stereotipati del politicamente corretto e le faccine degli sms, è un bene).
Tornando a noi, cosa distingue noi Uomini della Tradizione dai moderni?
Il non credere nella concezione lineare del tempo (nella quale la storia ha un inizio, il "peccato originale", la "divisione del lavoro", il "dominio dell'uomo sull'uomo", o "sulla donna", uno svolgimento univoco e necessitato, il cosiddetto "senso della storia" o "progresso", e una fine liberatoria in un verde pascolo in cui tutti sono felici poichè non succede più nulla), ma in quella sferica, nella quale non solo spetta all'uomo (inteso come "uomo storico", ordinatosi in comunità di destino) trovare il senso del tempo della storia (ordinando il chaos in kosmos con la stessa violenza formatrice dell'artefice capace di trasformare il blocco indistinto di marmo, privo di forma e quindi di senso, in un'opera d'arte dotata di forma e quindi anche di valori, bellezze e significati, decidendo con il martello quale idealità o quale divinità debba rappresentare, cosa vi debba appartenere e cosa debba essere ridotto in trucioli), ma in cui è la volontà dell'uomo stesso a decidere in ogni momento la direzione, il sentire la libertà non come licenza dell'individuo effimero di essere e fare di tutto, ma come necessità di "divenire ciò che si è" (Nietzsche docet) all'interno di quelle identità di sangue e spirito capaci per grandezza, potenza e durata, di andare di là dall'individuo effimero e chiamate famiglia, casta, razza, popolo (nel senso preciso dato a questi termini da un Evola, da uno Spengler, ma anche da un Fichte o da uno Schelling) e, soprattutto, il concepire la giustizia non come uguaglianza, ma come "sui cuique tribuere" (lo disse Evola, lo riprese Adriano Romualdi) in base alle specifiche diverse nature e all'ordine cosmico e soprattutto come porre in alto quanto ha più valore rispetto evidentemente ad un "superamento dell'umano" sentito come necessario e da intendersi non solo e non tanto come "fatto metafisico", quanto come volontà di compiere, di affermare e di far esistere con l'azione, il nobile, il bello, il grande e l'eroico (quali emergono da opere etico-spirituali quali la Baghavad Gita, i Poemi Persiani, l'Iliade, l'Eneide, capaci di essere il mito mobilitante di intere epoche): i tipi umani del guerriero e del sapiente, corrispondenti alle due vie tradizionali di azione e non-azione (la donna, in quest'ordine, non è già inferiore, chè stabilire superiorità/inferiorità fra uomo e donna significherebbe porre nature qualitativamente diverse in uno stesso sistema di riferimento, e quindi sarebbe già di per sè atto di sovversione egalitaria, bensì opposta complementare: la sua natura si compie nei ruoli di Madre e di Amante, anch'essi sacralizzati, al di là delle facili battute sulla prostituzione; si rilegga la nostra Rita il capitolo a ciò dedicato su "Rivolta Contro il Mondo Moderno" se vuole capire).
Per chi sente di appartenere a tutto questo non possono non essere meta e modello per il futuro i valori fondamentali (etico-spirituali) della Grecia omerica, di Roma, della Persia iranica, dell'India dei veda, della Germania Sacra e Imperiale e di tutte quelle "genti eroiche" (come ebbe a chiamarle Giambattista Vico, l'unico studioso dell'era moderna in grado di vedere la storia di là dalle fisime progressiste, e per questo spesso accantonato dalla cultura "ufficiale") capaci di compiere imprese esprimenti forza, coraggio e splendore più che umani e tali da fondare città e civiltà, di generare opere di grandezza, potenza e durata degne degli dei e tali da costituire il mito fondativo di intere epoche, di concepire nell'arte come nella religione, nella politica come nella storia, nel pensiero come nella società, strutture mirabili nate per misurare i millenni e non essere raggiunte dai contemporanei nè superate dai posteri.
Chi invece vede tutto questo non come nascita della vara (super)umanità, ma come "oppressione, ingiustizia e sopraffazione" (ovvero i termini che la morale degli schiavi ha da sempre attribuito all'ordine olimpico, alla gerarchia aristocratica e alla forza affermatrice di valori ascendenti) è pienamente libero/a di richiamarsi a quella preumanità pelasgica rimasta fuori dalla storia, prigioniera della specie e delle donne o comunque appiattita al tutto indifferenziato delle società matriarcali senza classi cui, per vie diverse, comunismo e consumismo liberale vorrebbero far ricadere l'umanità uccidendone la sua dimensione storica.
Ma allora non si lamenti della promiscuità, della mancanza di ordine, dell'individualismo e dell'eudemonia imperanti, della mondializzazione, della scomparsa dei popoli e dell'assenza di veri uomini: sono tutte conseguenze della stessa causa (il venir meno di quella forza formatrice di stampo virile e aristocratico che aveva reso la civiltà europea ciò che è sempre stata nei suoi momenti più alti). Stia dall'altra parte e chiami il tutto "progresso" ed "emancipazione". E' così bello essere liberi di scegliere il campo in base alla propria natura….
La scelta è sempre soggettiva, in quanto non può esistere alcun criterio oggettivo per decidere se la fonte di ogni valore (e quindi di ogni diritto) debba risiedere in quanto accumuna gli uomini nel bassamente umano dell'esser nati da una madre, del contentarsi di piacere e innocenza, del ricercare quanto, per l'essere facile, semplice, pacifico, tranquillo, sicuro e alla portata di tutti, viene detto "universale" (come appunto la pace perpetua, in versione laica o religiosa o come tutto ciò di cui si dice siano portatrici le donne e per cui la modernità le considera "moralmente superiori"), oppure in quanto differenza gli uomini fra loro e li eleva nel più che umano del considerare come vera vita quella spirituale e ascendente data dal padre, del volere ad ogni costo il nobile, il bello, il grande, l'eroico quali possiamo leggere ad esempio nell'Iliade, nell'Eneide, nella Baghavad Gita, nei poemi persiani, dell'inseguire quanto, proprio per l'essere più difficile, duro, faticoso, pericoloso, mortale, selettivo e necessitante di costanza, impegno, freddezza, abilità e coraggio, ha più valore.
Tutto dipende dall'appartenere al tipo umano dell'animale da gregge o da quello dell'animale da preda (così chiamato non perchè sbrani o derubi gli altri uomini, ma perchè, a similitudine dei predatori, conosce la vita come un continuo superamento di sè, un continuo inseguire quanto, per essere raggiunto, richiede rischi, sacrifici, pazienti attese e inarrestabili slanci: "da quando ho imparato a camminare mi piace correre").
Non si può però (perchè è contro la logica prima ancora che contro l'etica), come sembra fare Rita (se è qui non per caso) rivendicare l'appartenenza spirituale al campo aristocratico ed antiegalitario e poi accusare gli uomini presenti e passati per essere stati (o voler ancora essere) ciò di cui ogni mondo retto dai valori propri ad ogni aristocrazia guerriera necessita come presupposto.
Io, uomo nato e cresciuto nella decadenza, non sarò uno Kshatriya come tipo umano, non potrò fare nulla nel campo del combattere, ma almeno, come lettore di Nietzsche, rifiuto la resa ai valori attuali nel campo del conoscere. Perchè dovrei arrendermi nella sfera etico-spirituale?
Perchè dovrei accettare come fonte del valore e come definizione di bene quanto proposto da chi, per odio e invidia verso ciò che era in alto e tendeva verso l'alto (come dimostrano le fasi ascendenti della storia e della civiltà segnate dal principio solare e apollineo della Grecia, di Roma, dell'India dei Veda, della Persia degli Arii), ha distrutto ciò in cui avrei potuto identificarmi? Perchè dovrei accettare la resta totale alla sovversione?
Come nei riguardi della sovversione cristiana dei valori Nietzsche continua a rivendicare come bene quanto è sinonimo di forza, guerra, rischio, coraggio, aristocrazia, selezione, vita ascendente, disinteresse per l'eudemonia e malora per i malriusciti, contro ogni spirito dei tempi, così anche rispetto a questa sovversione femminea (che del cristianesimo e dell'egalitarismo è proseguimento) io continuo ad affermare come bene e come fonte di valore e diritto quanto è virile e aristocratico in senso eminente, contro ogni tendenza egalitaria di ieri e di oggi (certo che il domani apparterrà a noi anti-moderni e anti-umanisti, costi quello che costi in termini di "felicità individuale" e "dolore umano").
Per me la fonte del valore rimane spirituale e ascendente come nel mondo virile e aristocratico dei grandi popoli indoeuropei fondatori di città e ciivltà, rispetto a cui femminismo e giudeo-cristianesimo sono chiari elementi di decadenza storica, estetica, morale e psicologica.
Quelle che dicono di non essere femministe ma alla fine mostrano non solo di considerare diritto le chiare ingiustizie del femminismo (da me elencate nel precedente intervento, ma a tutti evidenti, anche lasciando da parte le questioni filosofiche ed anagogiche discusse in questo messaggio, e guardando come i moderni al semplice aspetto eudemonico e dei "diritti individuali"), non solo di sfruttare de facto tutti i privilegi "conquistati "per loro dalle femministe [* ivi compresi i vari benefit economico-giudiziari e il "diritto" per ogni donna, con la legge sulle cosiddette "molestie" a stabilire a posteriori e secondo i propri parametri il confine fra lecito e illecito, nella maniera più vaga e ampia possibile e senza alcun obbligo di riferimento oggettivo e valido per tutti (contro ogni oggettività del diritto, che vorrebbe la definizione di ogni reato circoscritta a quanto chiaramente identificabile come tale e soprattutto noto a tutti a priori), fino a rendere penalmente rilevante qualsiasi atto, detto, gesto, toccata o sguardo non sia oggettivamente nè violento nè molesto ma abbia la sola "colpa" di esprimere disio naturale per la donna o tentativo di carpirne i favori e non essere poi a posteriori da questa apprezzato (dopo che però magari è stato da questa implicitamente indotto o addirittura socialmente preteso, come nel caso del corteggiamento),
e, con quella sulla cosiddetta "violenza sessuale", il "diritto" (contro ogni presunzione di innocenza per la quale nessuno dovrebbe essere trattato da criminale prima che il crimine sia dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio) a far finire in galera in qualsiasi momento qualsiasi uomo a tempo indeterminato con la sua sola parola, prima del processo, prima ancora vi siano prove fattuali o addirittura senza alcun riscontro oggettivo che non sia il racconto di luoghi, persone e fatti realmente esistiti ma di per sè non probanti affatto il presunto stupro: basta che l'accusatrice, pur essendosi appartata volontariamente e, magari in preda all'alcool o all'ebbrezza della trasgressione o semplicemente per cedimento "sentimentale" o addirittura per calcolo premeditato, essersi concessa senza violenza alcuna, a posteriori, per non volersi assumere la responsabilità delle propria azioni, per dare tutta la "colpa" alla controparte, per paura di essere giudicata male da famiglia e conoscenti, di lasciar trasparire pubblicamente un comportamento giudicabile troppo disinibito o semplicemente per mantenere intatta la propria immagine di "dama intangibile e irraggiungibile" (nella quale anche oggi, al di là delle apparenze consiste l'alto valore economico sentimentale delle cosiddette "donne oneste"), o ancora per capriccio, vanità (nell'esser posta su un piedistallo come gemma rara e preziosa da difendere e proteggere ad ogni costo, anche a quello della negazione dell'oggettività del diritto e della presunzione di innocenza, a unica fonte di verità e sensibilità umane mentre l'altra parte è tenuta tacere e se parla presa a priori degna soltanto del riso o dello sdegno), vendetta arbitraria verso qualcuno, rancore generalizzato verso gli uomini, bisogno patologico d'attenzione, ricatto a fine di lucro, voglia di risarcimento o gratuito sfoggio di preminenza sociale nel mostrare di poter rovinare la vita di un ragazzo con la propria sola parola, riferisca di essere stata costretta in qualche modo; anche se non porta prove, le basta saper inventare bugie credibili, o semplicemente raccontare la verità fino al momento del presunto stupro, per dare al pm modo di dire che il racconto coincide con fatti, personaggi e luoghi realmente riscontrati, e poi esagerare ad arte, distorcere o addirittura inventare di sana pianta quanto avvenuto dopo. Solo nella mia città, un sedicenne ha passato due anni ai domicilairi solo perchè l'amichetta quattordicenne si è messa a piangere e ha detto di essere stata stuprata nel bagno della discoteca: solo quando le indagini difensive hanno portato testimoni a discolpa è stato scagionato, mentre in uno stato di diritto non avrebbe nemmeno dovuto essercene bisogno, spettando all'accusa l'onere della prova. E se non credete che possa succedere di peggio, leggete qua:
http://antifeminist.altervista.org/lett … _2009.html
E se credete che sia tutto inventato riscontrate qua:
http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/ar … 6559.shtml *], ma addirittura di riproporre la grande menzogna femminista secondo la quale il mondo tradizionale (con la sua armonica divisione dei ruoli) sarebbe "oppressione della donna" [**basata se non altro sull'inaccettabile anacronismo consistente nel giudicare secondi i valori individualisti ed eudemonici di oggi un mondo retto da un sentimento comunitario e anagogico: volendo giocare in questo modo, si potrebbe, e non senza ragione, invertire la valutazione e vedere il mondo di ieri come un ricettacolo di privilegi per il sesso femminile fatto passare, con capolavoro di inganno femminile e di imbecillità maschile, come "dominio dell'uomo". Ma quale uomo, se ragioniamo in senso individualista ed eudemonico, avrebbe potuto inventarsi il dovere di mantenere moglie e figli (inesistente in natura) o l'obbligo (per lui innaturale) della fedeltà sessuale e della monogamia? O l'assurda usanza di affrontare disagi, sacrifici e privazioni (materiali e morali) e financo di rischiare (metaforicamente e, a volte, realmente) la vita in "tornei" per poter godere della bellezza femminile incarnata in una donna che si compiace vanitosa e crudele dello spettacolo e da quanto è (figurativamente o materialmente) cruento misura il grado della propria desiderabiliè? O il dovere per chi nasce maschio di morire in guerra a vent'anni o di sacrificarsi per tutta la vita nel lavoro per essere "interessante" alle donne? **], mi disgusta, per rispondere con le stesse parole "alla vista e al tatto".
Dialogare con le serpi non serve. Si può solo evitarle per non farsi mordere. In attesa che qualcuno purifichi i luoghi in cui hanno deposto le loro uova.
Dico addio a voi e alle vostre "femmine".
E ritorno in Oriente.
P.S.
Dimenticavo: complimenti comunque all'autore per l'articolo, che sottoscrivo in toto. Per questo mi dispiace andarmene. Sono però virtualmente un sultano delicato, e non posso rimanere a lungo ove le "dame" mi disgustano…
Beyazid II Ottomano
Ho sbagliato a linkare ciò su cui si dovrebbe riflettere:
http://antifeminist.altervista.org/lettori/email/…
http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/art…
E ora davvero addio
antonio ferrero
è vero che l' apologia della donna (le donne sono sempre più brave, più intelligenti, più alte, più veloci, più spiritose, più serie, più lavoratrici, più… più..) praticata incessantemente dagli organi ufficiali della dittatura democartica tanto ridicola quanto stucchevole.
è ancora più vero che il vittimismo femminista , unito all' idiocrazia politicamente corretta ha dettato regole, leggi e comandamenti che la massa ha fatto propri. però questo accade in molti altri settori della società e persino della storia, con esiti anche più gravi.
perchè in fondo il problema in questione non è fra uomini e donne; è fra maschi e femmine. le donne (poche) sono intelligenti, interessanti, piacevoli, simpatiche,attraenti e proprio per questo non hanno i comportamenti odiosi e assurdi descritti nell' articolo; sempre per questo non hanno bisogno di essere femministe e infatti non lo sono.
invece le femmine(molte), sono frivole, irrazionali, sciocche, capricciose, vendicative, vanitose e, soprattutto, moltonoiose, proprio per questo cercano incessantemente l' ammirazione e il desiderio dei maschi (tanti), che senza dignità le rincorrono e le cercano con i modi e gli approcci più idioti e volgari, sperando di aggiungere una tacca sul loro cinturone di cui potersi vantare con il loro branco.
viceversa gli uomini(pochi) sono inevitabilmente e totalmente indifferenti alle tragicomiche esibizioni della femmina. questa indifferenza è sovente il peggiore oltraggio alla loro pretesa maestà, ma per il momento non è ancora un reato.