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PRIMA PARTE
Sol Invictus
E queste Rocce, lo sapevo, erano state il centro dei riti solari germanici in un tempo immemorabile. (…) Qui, più di quattromila anni fa, i saggi e le guide spirituali delle tribù germaniche (…) si riunivano per salutare il primo levarsi del Sole nel giorno sacro di giugno.
Savitri Devi, Pilgrimage, Calcutta 1958.
Se dovessimo credere a certi cacciatori di nazisti alla disperata ricerca di “criminali di guerra”, il prof. dr. Johann von Leers sarebbe oggi, nell’anno 2004 dell’era volgare, ancor vivo e vegeto (1). E avrebbe la veneranda età di centodue anni. In realtà, il professor von Leers morì nel 1965, a sessantatré anni.
Nato il 25 gennaio 1902 a Vietlübbe nel Mecklenburg, Johann (Johannes) von Leers studiò nelle università di Kiel, Berlino e Rostock. Conseguì il dottorato in giurisprudenza, ma coltivò anche studi linguistici, occupandosi di slavistica; studiò il russo e il polacco, ma anche lo yiddish e perfino l’ungherese e il giapponese; come tanti altri intellettuali tedeschi della sua generazione, scriveva correntemente in latino. Non ebbe dunque torto Ernst Jünger (1895-1998) a definirlo “un genio linguistico” (2).
Sua moglie Gesine Schmaltz (1891-1974), da lui sposata nel 1932, era stata segretaria di Herman Wirth (1885-1981), l’erudito d’origine olandese che, “attraverso un laboriosissimo armamentario filologico, antropo-geologico, mitologico e simbologico” (3), con la monumentale opera Der Aufgang der Menschheit (4) si era fatto sostenitore della teoria “polare”, situando la patria originaria della pura razza ‘nordico-atlantica’ nell’Artide e nella mitica Atlantide di Platone, ed aveva sostenuto la tesi dell’esistenza di un purissimo monoteismo solare risalente circa al 15.000 a.C.; una tesi, quella dell’Urmonotheismus, che coincideva sostanzialmente con quanto affermato dal Padre Schmidt (1868-1954) (5) e soprattutto da René Guénon (1886-1951) (6). Secondo Wirth, da questo originario monoteismo nordico sarebbe derivato lo stesso Cristianesimo, il quale si sarebbe formato dalla tradizione conservatasi fra un gruppo ‘atlantico’ della Galilea, paese ricco di tracce della civiltà megalitica solare.
George L. Mosse, che ritenne di poter liquidare von Leers definendolo con una battuta da cabaret yiddish “un uomo che nulla ha appreso e nulla dimenticato” (7), pretese di ridurre il “monoteismo solare” nei termini caricaturali di un “occultismo solare” (8). Ciò suscitò la risentita reazione di Anna Bramwell, la quale rimproverò a Mosse di aver “criticato piuttosto stizzosamente von Leers perché negli anni Cinquanta era ancora un adoratore del sole, come se l’esperienza del nazismo avesse dovuto segnare la fine del culto del sole per chiunque vi si riconoscesse” (9); una replica, questa, dalla quale risulta evidente la convinzione della ricercatrice londinese circa l’esistenza di un “culto del sole” praticato nella Monaco degli anni Venti. Sulle tracce di Mosse e della Bramwell, Andrea D’Onofrio ha presentato la cerchia di studiosi che si riuniva intorno a Wirth e ai coniugi von Leers come “un circolo teosofico-nordicista, che si era proposto, tra l’altro, di far rivivere la presunta antica religione germanica, in particolare il culto del sole” (10).
Di tale immagine alquanto approssimativa fece giustizia in anticipo Julius Evola, il quale, riferendosi direttamente al libro di von Leers Geschichte auf rassischer Grundlage (11), riassunse le vedute di von Leers e di Wirth nei termini seguenti: “Il von Leers scrive che l’epoca precedente del liberalismo e dello scientismo era caratterizzata da tre idee fondamentali: 1°) l’eguaglianza del genere umano; 2°) la barbarie nordica e l’origine dall’Oriente di ogni civiltà; 3°) infine l’origine ebraica del monoteismo. Queste tre idee nel ciclo razzista che conduce fino al Wirth sono abbattute o capovolte: 1°) l’umanità è differenziata in razze ben distinte; 2°) la civiltà non è venuta dall’Oriente, ma dal Nord; 3°) non gli Ebrei, ma i Nordici avrebbero conosciuto, infinitamente prima, una religione superiore di tipo monoteistico” (12).
Una visione molto simile a questo Urmonotheismus solare verrà fatta propria da una donna di cui dovremo parlare più avanti, perché sarà ospite di von Leers in Egitto: la scrittrice Maximiani Portas, alias Savitri Devi Mukherjee (1905-1982). Uno dei modelli religiosi della “sacerdotessa di Hitler” (13), infatti, sarà sempre Amenophis IV (circa 1395-1366 a.C.), il decimo faraone della XVIII dinastia che assunse il nome Akhnaton (“Gioia del Sole”) e cercò di imporre il culto dell’unico dio Aton, proscrivendo il politeismo. Dichiarandosi discepola di questo antico Profeta del Sole, Savitri Devi concluderà il suo pellegrinaggio alle Externsteine sciogliendo un inno a “Lui-Lei-Esso, Che non ha nome; Colui che è e permane, al di là delle forme, dei colori e dei suoni” (14).
Il presunto “occultismo pagano” del circolo di Wirth è stato richiamato da qualcuno per fornire una spiegazione degli orientamenti eurasiatisti di von Leers, orientamenti che si manifesteranno in particolare allorché quest’ultimo, attirando su di sé pesanti provvedimenti disciplinari, condannerà davanti agli studenti dell’Università di Berlino l’iniziativa dell’Operazione Barbarossa, prevedendone l’insuccesso. “Il suo rivolgersi verso la Russia – scrive l’anonimo estensore di una scheda messa in rete da ambienti ebraici – non si basava tanto su considerazioni razionali e strategiche, quanto invece sull’occultismo pagano e sulla fede nella superiorità di una ‘razza nordica’. Le sue radici ideologiche affondano nel terreno del Völkischen Bewegung” (15). In realtà, le posizioni di von Leers concernenti il rapporto della Germania con la Russia coincidevano perfettamente con la dottrina geopolitica esposta da uno scienziato col quale egli era in relazione e che, come lui, era un esperto di storia e cultura giapponese, cioè Karl Haushofer (1869-1946). Come è noto, quest’ultimo era fautore dell’alleanza delle potenze continentali eurasiatiche (Germania e Russia) con l’Impero nipponico, contro le talassocrazie britannica e statunitense (16).
Judenfrage
Noi non possiamo più differire una meditazione sul fatto che ci troviamo dinanzi ad una scelta che concerne la vita spirituale della Germania: o ricominciare a far affluire verso di essa forze radicate ed educatori autentici, oppure abbandonarla definitivamente alla giudaizzazione crescente.
Martin Heidegger, Lettera a Victor Schwoerer, 2 ottobre 1929
Fino al 1928, Johann von Leers fu attaché del Ministero degli Esteri del Reich; abbandonò il servizio nel 1929, per iscriversi alla NSDAP. Cominciò allora a collaborare con “Der Angriff”; poi, entrato in contatto con Goebbels, diventò caporedattore della rivista „Unser Wille und Weg. Monatsblatt der Reichspropagandaleitung der NSDAP“, che uscì a Monaco dal gennaio 1931 al novembre 1941. Trasferitisi da Monaco a Berlino, nel 1933 i coniugi von Leers diventarono editori della rivista “Nordische Welt”, organo mensile della Società per la Protostoria e Preistoria germanica (Gesellschaft für germaniche Ur- und Vorgeschichte) presieduta da Herman Wirth. E fu von Leers a presentare a Heinrich Himmler l’autore di Der Aufgang (17), il quale nel 1935 sarebbe stato tra i fondatori della Ahnenerbe e avrebbe diretto fino al 1938 la sezione di studi sulla scrittura e sui simboli preistorici.
Che von Leers fosse in contatto con l’SS Reichsführer, sembra possibile dedurlo anche da un noto studio di Goodrick-Clarke, dove, assieme a Heinrich Himmler, a Otto Rahn (1904-1939) e ad altri visitatori che a Berlino frequentavano la villa del “Rasputin di Himmler” Karl Maria Wiligut alias Weisthor (1866-1946) (18), viene citato anche “Joachim [sic] von Leers” (19). D’altronde Johann von Leers intrattenne frequenti rapporti con importanti personalità del mondo culturale e politico, tra le quali ci limitiamo a citare, a titolo di esempio, l’antropologo Hans F. K. Günther (1891-1968) (20) e il conte Ernst zu Reventlow (1869-1943) (21), vicepresidente del Movimento per la Fede Tedesca (Deutsche Glaubensbewegung) fondato nel luglio 1933 dall’indianista e storico delle religioni Jakob Wilhelm Hauer (1881-1962).
Nel luglio 1932, esce il primo numero di un periodico di politica agraria che originariamente si intitola “Deutsche Agrarpolitik. Monatsschrift für Deutsches Bauerntum”, ma ben presto cambierà il suo nome in “Odal. Monatsschrift für Blut und Boden”. La rivista è pubblicata da Richard Walther Darré (1895-1953), il futuro ministro dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, che all’epoca è il capo dell’Agrarpolitisches Apparat (Apparato di politica agraria), l’organismo contadino della NSDAP. Von Leers, che cinque anni prima ha conosciuto Darré e ne è diventato amico, diventa un attivo collaboratore di “Odal” (22).
Contemporaneamente collabora ai “Nationalsozialistische Monatshefte”, il più importante mensile della NSDAP. Qui pubblica, nel 1933, un articolo sulla questione ebraica, in cui sostiene il progetto di un trasferimento degli ebrei in un territorio lontano dall’Europa. Ne riportiamo un brano significativo, che dimostra fra l’altro quale sia il grado di attendibilità di quanti hanno attribuito a von Leers la proposta di… “sopprimere gli ebrei” (23). Scriveva dunque von Leers: “Per quanto cattive siano le esperienze che un movimento politico ed un popolo hanno fatte con gli ebrei, nondimeno sarebbe contrario alla coscienza storica nordico-germanica limitarsi semplicemente alla soluzione negativa di un’ulteriore difesa nei confronti delle masse giudaiche; la totalità del nostro volere storico, invece, richiede imperiosamente una soluzione grande, che con la grandiosità della sua concezione possa anche disarmare il nemico. (…) Solo un barbaro, solo una persona estranea all’ultimo grande ordinamento divino della storia universale potrebbe suggerire una lotta generale di annientamento contro gli ebrei, per lo sterminio di questo popolo. (…) È tipico delle razze grandi non optare per soluzioni dettate dall’odio, quando è ancora pensabile una soluzione del problema in forma ragionevole. L’unica soluzione positiva possibile, che porrebbe davvero un termine al problema ebraico in Europa (…) consiste nel mettere a disposizione un territorio extraeuropeo abbastanza esteso per essere colonizzato” (24). Certo, ammette von Leers, trasferendo gli ebrei nel Madagascar o in altre regioni dell’Africa o del Sudamerica, si correrebbe il rischio che tali territori si trasformassero in vere e proprie centrali di corruzione, sicché diventerebbe necessario vigilare per impedire un risultato di tal genere. In ogni caso bisognava proporre al mondo di dare una sede stabile alle masse ebraiche, ma lontano dallo spazio europeo.
In 14 Jahre Judenrepublik vengono ribaditi concetti analoghi. “L’opposizione contro l’ebraismo – scrive von Leers – non ha mai avuto lo scopo di distruggere il popolo ebraico; ma proteggere il popolo germanico è meglio. Noi abbiamo tutti motivi per augurarci che il popolo ebraico abbia successo in un onorevole sviluppo nazionale in una sua patria, di modo che esso non abbia più la volontà e l’opportunità di interferire ulteriormente con lo sviluppo nazionale della Germania. L’ostilità nei confronti degli ebrei si fonda sul desiderio di liberare il nostro popolo dall’asservimento spirituale, economico e politico”. Von Leers concludeva indicando la soluzione del problema ebraico nell’emigrazione degli ebrei in un territorio extraeuropeo. Pensava, ovviamente, al Madagascar.
Oltre che sui “Nationalsozialistische Monatshefte”, gli scritti di von Leers sulla questione ebraica appaiono su numerose riviste: “Die Wehrmacht-Fachschule”, “Der Weltkampf”, “Die Westmark”, “Deutsche Post aus dem Osten”, “Deutscher Wissenschaftlicher Dienst”, “Judenfrage” ecc.
In quanto dirigente responsabile dell’istruzione (Reichsschulungsleiter) nell’ambito della Lega degli Studenti Nazionalsocialisti (Nationalsozialistisches Deutsches Studentenbund) di Berlino, von Leers fu uno stretto collaboratore di Fritz Hippler, il capo della Lega stessa, futuro regista del celebre documentario Der ewige Jude. Nella prima metà del 1933, “per quanto fossero personalmente estranei alle tendenze che si agitavano nel campo della politica artistica, tuttavia Hippler e von Leers fornivano la loro copertura allo sviluppo del dibattito” (25) che vedeva gran parte dell’ambiente studentesco schierarsi su posizioni di “lotta contro la reazione nell’arte”, per la “completa rivoluzione nazionalsocialista”, al punto che i due dirigenti della Lega apparvero come i portavoce di una sorta di “opposizione berlinese”. Il 29 giugno ebbe luogo nell’auditorium maximum della Friedrich-Wilhelm-Universität di Berlino una “manifestazione pubblica decisiva, che doveva attribuire ai suoi promotori la pericolosa fama di aver creato un ‘movimento Otto Strasser’ nel campo artistico” (26); e i promotori ufficiali della manifestazione, che si concluse con una dichiarazione di guerra contro la rosenberghiana Lega per la Cultura Tedesca, erano appunto Hippler e von Leers, i quali “attaccarono in generale la restaurazione dell’accademismo guglielmino” (27). Ma a porre fine alla fronda e alla controversia intervenne lo stesso Hitler, che nei discorsi del 1 e del 6 luglio dichiarò conclusa la rivoluzione nazionalsocialista.
Tuttavia per von Leers la stagione delle polemiche non era terminata. In una serie di prediche tenute nel periodo liturgico dell’Avvento del 1933, il cardinale Michael von Faulhaber (1869-1952), arcivescovo di Monaco, “ricordò ai cattolici tedeschi (…) tutto ciò che il cristianesimo doveva al giudaismo e (…) difese le fonti giudaiche del cristianesimo” (28). Il prelato esaltò “i valori morali dell’Antico Testamento preso autonomamente e per le sue connessioni con il cristianesimo; egli istituiva un raffronto tra le consuetudini germaniche primitive, tanto esaltate dai razzisti, e la morale mosaico-cristiana, evidenziando la superiorità di quest’ultima sulle prime” (29). Von Leers rispose a Faulhaber, che alcuni chiamavano Judenkardinal, con un libro intitolato Der Kardinal und die Germanen (30).
Allo stesso periodo risale la polemica con Oswald Spengler (1880-1936). Verso la fine del 1933 Spengler pubblicava il suo ultimo libro, Jahre der Entscheidung (31), che i nazionalsocialisti accolsero con una certa freddezza. “Nel clima di esaltazione susseguente alla Machtergreifung, egli pretendeva di parlare della Germania trattando i Nazisti quasi come non esistenti. Alfred Baeumler lo attaccava sul ‘Völkischer Beobachter’ con un articolo sulla ‘rivoluzione vista da lontano’. Altri gli davano dell’attendista, del reazionario e peggio” (32). A Spengler, che indicava nella “rivoluzione mondiale di colore” il nemico comune dell’”umanità bianca”, von Leers replicò con una cinquantina di pagine intitolate Spenglers weltpolitisches System und der Nationalsozialismus (33). Al grido d’allarme lanciato da Spengler contro il “pericolo giallo”, von Leers opponeva queste argomentazioni: “Ogni rafforzamento del Giappone, ogni rafforzamento della Cina, in genere ogni formarsi di una nuova potenza nel mondo extraeuropeo equivale all’indebolirsi delle grandi potenze dell’Europa occidentale, che hanno combattuto la Germania nella guerra mondiale (…) Per il fantasma degli ‘interessi comuni della razza bianca’ dobbiamo conservare e appoggiare ancora queste potenze nella loro egemonia mondiale? Dobbiamo noi, ‘in nome della razza bianca’, salvaguardare il dominio coloniale francese, grazie al quale la Francia trascina le sue truppe negre per il mantenimento di un predominio contro la Germania? (…) La ‘comunità della razza bianca’, l’’impero dei popoli bianchi’ preconizzato da Spengler non è niente altro che una reviviscenza del vecchio cosmopolitismo liberale, della borghesia mondiale dell’epoca liberale sotto le insegne della razza. Ciò non ha proprio nulla a che fare coi veri interessi del popolo tedesco” (p. 35).
Nel biennio 1933-1934 vedono la luce altri libri di von Leers, come Reichskanzler Adolf Hitler (Leipzig 1933), Juden sehen dich an (Berlin 1933), Das erste Jahr im Dritten Reich (Berlin 1934). Nel 1934, con un saggio sulla “marcia ed ascesa del nazionalsocialismo”, von Leers partecipa ad un’opera collettiva curata da Curt Hotel, Deutscher Aufstand (34), un libro che „si situa, per la sua tematica e per la cerchia dei suoi collaboratori, sulla scia dei lavori [analoghi] di E. Jünger, Roegels e Heinz” (35). Sempre in questi anni von Leers cura un’edizione di Auf dem Judenfriedhof in Prag; si tratta di un capitolo del romanzo Biarritz, che Hermann Goedsche (1815-1878) aveva pubblicato a Berlino nel 1868 con lo pseudonimo di Sir John Retcliffe (36).
* * *
1 Secondo un certo Luigi Vianelli, infatti, Johann von Leers complotta con empi negatori dell’Olocausto quali il prof. Faurisson e Ahmed Rami: „(Ahmed) Rami è amico personale di Faurisson, nonché di Johannes von Leers“ (Luigi Vianelli, I negazionisti geopolitici, www.Olokaustos.org). Anche Jorge Camarasa, consulente del Centro Simon Wiesenthal e, cosa significativa, scrittore di fantapolitica, fa vivere von Leers oltre il 1965, ma… con juicio: “Al Cairo – scrive infatti costui – von Leers condusse fino alla fine degli anni Sessanta un programma radiofonico, La voce degli arabi, che veniva trasmesso prima e dopo le orazioni rituali” (Jorge Camarasa, Organizzazione Odessa. Dossier sui nazisti rifugiati in Argentina, Mursia, Milano 1998, p. 97). Più prudentemente, un altro autore osserva: “Naturalmente è possibile si trattasse di trasmissioni registrate oppure di repliche” (Umberto Barbisan, Sulle tracce dell’Odessa. Mito o enigma del Novecento?, Tecnologos, Mantova 2002, p. 121). Nicholas Goodrick-Clarke, invece, fa morire Johann von Leers con due anni d’anticipo, nel 1963 (Hitler’s Priestess. Savitri Devi, the Hindu-Aryan Myth, and Neo Nazism, New York University Press, New York-London 1988, p. 177).
2 Ernst Jünger, Strahlungen II (Die Hütte im Weinberg), DTV Verlag, Tübingen 1958, p. 644.
3 Julius Evola, Il mito del sangue, Hoepli, Milano 1937, p. 149. Si vedano anche gli scritti evoliani raccolti nel “quaderno” n. 37 della Fondazione Julius Evola: Il “mistero iperboreo”. Scritti sugli Indoeuropei 1934-1970, Roma 2002. Analizzando il significato dell’origine nordica della tradizione primordiale sulla base degli studi di H. Wirth, Evola scrive di quest’ultimo: “Qui non si tratta né di un ‘teosofo’, né di un dilettante immaginoso, ma di un tecnico, la cui competenza in fatto di filologia, antropologia, paleografia e discipline affini non può essere messa in dubbio” (p. 32).
4 Herman Wirth, Der Aufgang der Menschheit. Untersuchungen zur Geschichte der Religion, Symbolik und Schrift der Atlantisch-nordischen Rasse, Jena 1928. In Italia, quest’opera fu recensita da Julius Evola sulla rivista “Bilychnis”, XX, 1 (gennaio-febbraio 1931).
5 Nella ricostruzione dell’etnologo padre Wilhelm Schmidt, la credenza in un “essere supremo” ampiamente diffusa presso le cosiddette popolazioni primitive costituisce la traccia residuale dell’Urmonotheismus corrispondente alla rivelazione primordiale, sicché il politeismo niente altro sarebbe che una forma religiosa degenere.
6 “Nessuna tradizione può essere in se stessa politeista; postulare un politeismo all’origine (…) significa rovesciare ogni ordine normale. Qualunque vera tradizione è essenzialmente monoteista” (R. Guénon, Monoteismo e angelologia, in Mélanges, I, Centro Studi Guénoniani, Venezia 1978, pp. 35-36).
7 George L. Mosse, Le origini culturali del Terzo Reich, Il Saggiatore, Milano 1968, p. 107.
8 G. L. Mosse, op. cit., p.106.
9 Anna Bramwell, Ecologia e società nella Germania nazista. Walter Darré e il partito dei verdi di Hitler, Reverdito, Trento 1988, p. 78.
10 Andrea D’Onofrio, Ruralismo e storia nel Terzo Reich. Il caso “Odal”, Liguori, Napoli 1997, p. 146.
11 J. Von Leers, Geschichte auf rassischer Grundlage, Reclam, Leipzig 1934; 2a ed. 1937.
12 Julius Evola, Il mito del sangue, cit., p. 169.
13 “Sacerdotessa di Hitler” è il titolo dato a Savitri Devi da Nicholas Goodrick-Clarke, Hitler’s Priestess. Savitri Devi, the Hindu-Aryan Myth, and Neo Nazism, cit.
14 Savitri Devi, Pilgrimage, Temple Press, Calcutta 1958, p. 351. “Principio di ogni vita, umana e non umana; adorato non solo da ‘tutti gli uomini’, ma anche da tutte le creature viventi: quadrupedi, uccelli, pesci e piante; pieno di sollecitudine per tutte le creature” (Savitri Devi, The Lighting and the Sun, Samisdat Publ., Buffalo 1958, p. 157). Su Akhnaton, Savitri Devi scrisse parecchio: Akhnaton’s Eternal Message: A Scientific Religion 3300 Years Old, A.K. Mukherjee, Calcutta 1940; Joy of the Sun: The Beautiful Life of Akhnaton, King of Egypt. Told to Young People, Thacker, Spink and Co., Calcutta 1942; A Son of God: The Life and Philosophy of Akhnaton, King of Egypt, Philosophical Publ. House, London 1946; Akhnaton: A Play, Philosophical Publ. House, London 1948.
15 Anonimo, Johann (Johannes von Leers), IDGR. Informationsdienst gegen Rechtextremismus (www.idgr.de/lexikon/bio/l/leers/leers.html).
16 Cfr. Karl Haushofer, Il Giappone costruisce il suo Impero, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 1999 (prima edizione: Sansoni, Firenze 1942). Si veda anche: Karl Haushofer, Italia, Germania e Giappone, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 2004 (prima edizione: Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente, Roma 1937).
17 Michael H. Kater, Das „Ahnenerbe“ der SS 1935-1945, Deutsche Verlagsanstalt, Stuttgart 1974, pp. 16, 26, 363, 366, 387.
18 Hans Jürgen Lange, Weisthor, Arun-Verlag, Engerda 1998.
19 Nicholas Goodrick-Clarke, The Occult Roots of Nazism. The Ariosophists of Austria and Germany. 1890-1935, The Aquarian Press, Wellingborough 1985, p. 188. Anche nell’edizione francese (Les racines occultes du nazisme, Pardès, Puiseaux 1989, p.264) si legge Joachim anziché Johann.
20 Su Günther, si veda Julius Evola, Il mito del sangue, Edizioni di Ar, Padova 1994, passim.
21 Su Reventlow, cfr. Klaus-Peter Hoepke, La destra tedesca e il fascismo, Il Mulino, Bologna 1971, pp. 238-245 e passim. Hoepke definisce Reventlow come “uno dei capi più in vista, ma nello stesso tempo meno potenti del nazionalsocialismo o, per meglio dire, dei nazisti di sinistra” (op. cit., p. 238).
22 Gran parte degli articoli che von Leers scrisse per “Odal” furono rifusi e raccolti in un volume intitolato Odal. Das Lebensgesetz eines ewigen Deutschlands, Goslar 1936.
23 Dennis Eisenberg, L’Internazionale Nera. Fascisti e nazisti oggi nel mondo, Sugar Editore, Milano 1964, p. 157. La stessa menzogna è presente altrove: von Leers avrebbe rappresentato una tendenza nazionalsocialista che voleva «la destruction physique des Juifs en Allemagne» (Roger Faligot – Remi Kaufer, Le croissant et la croix gammée, Albin Michel, Paris 1990, p. 46).
24 J. Von Leers, Das Ende der jüdischen Wanderung, „Nationalsozialistische Monatshefte“, IV, 1933, pp. 229-231.
25 Hildegard Brenner, La politica culturale del nazismo, Laterza, Bari 1965, p. 114.
26 H. Brenner, op. cit., p. 115.
27 H. Brenner, op. cit., p. 115.
28 Henri Rollin, L’Apocalypse de notre temps. Les dessous de la propagande allemande d’après des documents inédits, Allia, Paris 1991, p. 615.
29 A. D’Onofrio, op. cit., 166 n.
29 J. Von Leers, Der Kardinal und die Germanen. Eine Auseinandersetzung mit Kardinal Faulhaber, Hanseatische Verlangsanstalt, Hamburg 1934. Il lettore italiano può trovare alcuni brani di quest’opera in: Il nuovo paganesimo germanico. Dottrina – Testi – Critica, a cura di “Sincerus”, Edizioni Leonardo, Roma 1946.
31 Oswald Spengler, Jahre der Entscheidung (Erster Teil: Deutschland und die weltgeschichtliche Entwicklung), C.H. Beck’sche Verlagsbuchhandlung, München 1933; ed. it. Anni decisivi, Il Borghese, Milano, s. d.; Anni della decisione, Edizioni di Ar, Padova 1994.
32 Adriano Romualdi, Spengler profeta della decadenza, in: O. Spengler, Ombre sull’Occidente, a cura di A. Romualdi, Giovanni Volpe Editore, Roma 1973, p. 44.
33 J. von Leers, Spenglers weltpolitisches System und der Nationalsozialismus, Junker und Dünnhaupt Verlag, Berlin 1934.
34 AA. VV., Deutscher Aufstand. Die Revolution des Nachkriegs, Kohlhammer, Stuttgart 1934.
35 Armin Mohler, La révolution conservatrice en Allemagne (1918-1932), Pardès, Puiseaux 1993, p. 223. Armin Mohler si riferisce a tre volumi collettanei: 1) Ernst Jünger (a cura di), Der Kampf um das Reich (contributi di Ernst von Salomon, dei fratelli Strasser ecc.), Wilhelm Andermann, Berlin 1929 (2a ed. aumentata 1931); 2) Fritz Carl Roegels, Der Marsch auf Berlin (in collaborazione con Hans Henning, Grote e Curt Hotzel), Carl Voegels, Berlin 1932; 3) Friedrich Wilhelm Heinz, Die Nation greift an. Geschichte und Kritik des soldatischen Nationalismus, Verlag Das Reich, Berlin 1933.
36 Una traduzione molto parziale di tale capitolo (Biarritz, vol. I, pp. 162-193) si trova in: Norman Cohn, Licenza per un genocidio. I “Protocolli degli Anziani di Sion”: storia di un falso, Einaudi, Torino 1969, pp. 221-224.
evoliano
Io considero von Leers uno dei rappresentanti del nazionalismo rivoluzionario,egli infatti come si può vedere,nonostante la politica etnocentrica e razzista del regime von Leers non mette al primo posto la salvezza della razza e la solidarietà bianca nel mondo come aveva suggerito Spengler,ma un programma di collaborazione con potenze non bianche asiatiche in funzione eurasiatista e antioccidentale,adesso devo leggere la II°parte;un saluto.