Hattori Hanzo: Cosa vuoi da Hattori Hanzo?
La Sposa: Acciaio giapponese.
Hattori Hanzo: A che ti serve l’acciaio giapponese?
La Sposa: A uccidere dei parassiti.
Hattori Hanzo: Devono essere parassiti molto grossi se ti serve l’acciaio di Hattori Hanzo.
Così si apre, nella celebre pellicola di Quentin Tarantino Kill Bill, il dialogo tra la Sposa (Huma Thurman, figlia tra l’altro di uno dei massimi esperti di filosofie e religioni d’Oriente) e Hattori Hanzo; personaggio liberamente ispirato al condottiero giapponese del XVI secolo Hattori Hanzō, conosciuto anche come Masanari e Masashige, vassallo dello Shogunato Tokugawa.
L’atmosfera che contraddistingue questa scena del film è impregnata di una certa solennità, che ben poco ha a che vedere con il paradigma utilitaristico della domanda e dell’offerta di chi richiede ad un moderno artigiano un semplice utensile.
A chi fosse già avvezzo al mondo della Tradizione tale atteggiamento non sembrerebbe inusuale, se teniamo presente il fatto che in ogni società tradizionale, sia orientale che occidentale, ogni arte fosse protetta dal segreto iniziatico e considerata sacra, in quanto inserita in un contesto armonico di compartecipazione alla natura dell’Essere.
In Giappone, sino almeno dal Periodo Yamato, i metodi di forgiatura delle spade, propri di ciascun fabbro, erano gelosamente vincolati al segreto, e la forgiatura ritenuta rito sacro; non a caso il forgiatore indossava i paramenti sacri del sacerdote dello Shintò, e cioè un kimono bianco ed un copricapo nero.
Antiche usanze risalenti al medioevo nipponico raccomandavano che ogni fabbro forgiatore dovesse operare sotto l’auspicio di influssi planetari e di determinate divinità (Kami). Simili credenze prevedevano infatti che una spada di alto rango dovesse essere forgiata secondo particolari congiunture astrali ed in speciali periodi del calendario tradizionale, oltre che soggiacere a determinati canoni geometrici e morfologici.
Ma ancora oggi in Giappone esiste un esiguo numero di artigiani autorizzati (ed economicamente supportati dallo stato giapponese) alla forgiatura delle spade, che applicano le antiche tecniche con lo scopo di tramandare questa tradizione antichissima, affinché non vada perduta. Ai manufatti, generalmente destinati a finire in musei o collezioni private, è attribuita poi dal governo nipponico la qualifica di “tesori nazionali viventi”.
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