Spesso accade che importanti scoperte siano opera di studiosi non specialisti che, animati da una grande passione per l’oggetto dei loro interessi, vi si dedicano con pazienza e passione assai più fruttuose di quella esasperata “settorialità” tanto diffusa tra i più autorevoli accademici. Numerosi furono i grandi botanici, entomologi, storici, archeologi e via dicendo, che operarono nel mondo lontani dalla polvere di cattedre e laboratori, e al tempo stesso liberi dai pregiudizi e i dogmi delle “verità assodate”, così tante volte fuorvianti. E probabilmente proprio a questa categoria di spiriti liberi appartiene un gruppo di amici chiavaresi che ha deciso di dedicare il proprio interesse e tempo libero al museo archeologico cittadino, in cui sono conservati molti dei resti dell’antica necropoli preromana dell’ottavo-sesto secolo avanti Cristo, che sorse appunto nell’area di Chiavari nel Tigullio. Il gruppo, formato principalmente dai tre ingegneri Baudà, Casaretto e Campagnoli, si è concentrato soprattutto su un curioso particolare, cui sinora era stata dedicata poca attenzione: i medaglioni di forma circolare che compaiono nei corredi funebri, esclusivamente nelle tombe femminili.
A differenza di quanto si era sostenuto e scritto dagli Anni ‘60, poco dopo cioè che la necropoli fu portata alla luce, questi manufatti sono la prova di un’importante serie di dati: anzitutto, la suddivisione geometrica in ventotto settori mostra capacità di partizione del cerchio non comuni, e soprattutto è una chiara indicazione del carattere “lunare” dell’oggetto. Ma, dato assai più interessante, ingrandendo accuratamente l’immagine della piccola plac con l’ausilio dei moderni strumenti si possono notare minute incisioni, rappresentanti astri e diverse costellazioni. La più chiara di queste è l’idra, costellazione conosciuta dai Babilonesi. Anche la presenza di un foro al centro del cerchio è stata studiata con cura dagli ingegneri, che si sono sempre più convinti di trovarsi innanzi a strumenti per la misurazione del tempo. Infatti, semplicemente inserendo uno gnomone (vale a dire una barretta perpendicolare) nel foro è possibile utilizzare il disco come una sorta di meridiana, sia diurna, sia notturna.
Ma la passione degli intraprendenti studiosi non si è fermata qui: essi sono infatti giunti a calcolare, sulla base delle distanze angolari degli astri rappresentati, la data celeste che la placca in migliore stato di conservazione (su 23) rappresenterebbe. Si tratta, per la precisione, dell’11 ottobre dell’887 avanti Cristo: questo farebbe del medaglione di Chiavari nientemeno che «il più antico oroscopo del mondo». Ancora, l’ingegner Campagnoli ha recentemente scritto in un suo studio che «le placche erano calendari ginecologici»: consentivano infatti di ricordare e prevedere l’inizio del ciclo femminile oppure, nota la data di inizio delle ultime mestruazioni, di prevedere la data probabile del parto, o anche viceversa. Tutto ciò in modo più semplice di quanto possa apparire leggendo, poiché «erano di facile uso grazie a un’intelligente soluzione grafica».
Insomma, in questi dischetti argentei e bronzei paiono riposare antiche conoscenze davvero sorprendenti, e numerose diverse interpretazioni sono possibili, per via della loro multiforme adattabilità a usi diversi. È assai probabile che dalla passione per l’antico passato emergeranno nuove, interessanti teorie.
Chi voglia approfondire più nel dettaglio questi affascinanti studi può consultare il seguente sito internet:
http://castellodichiavari.ilsasso.it/unavolta1.htm
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Tratto da La Padania del 14 ottobre 2001.
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