Ad Hervé A. Cavallera siamo tutti riconoscenti. Ha trasmesso a più generazioni l’amore per le ore studiose, per la filosofia e la pedagogia. Lo ha fatto, peraltro, dalla “parte sbagliata”, in qualità di allievo diretto della scuola attualista e di curatore dell’Opera omnia di Giovanni Gentile. Il suo impegno non è mai venuto meno, anche negli anni difficili in cui nominare il filosofo di Castelvetrano rilevandone la grandezza, comportava discriminazione ed isolamento accademico. Non stupisce, pertanto, che quest’anno, in occasione del suo collocamento in quiescenza, molti colleghi abbiano voluto rendergli omaggio in un Liber Amicorum. Ci riferiamo a Eventi e studi. Scritti in onore di Hervé A. Cavallera, nelle librerie per Pensa MultiMedia editore di Lecce (per ordini: 0832/230435, info@pensamultimedia.it, euro 90,00). Il testo è curato dallo stesso Cavallera e si compone di tre tomi, nei quali viene offerto un ampio ventaglio degli interessi che hanno segnato la vita dello studioso salentino. Il terzo tomo, Una vita, raccoglie note biografiche, la bibliografia degli scritti e i riferimenti alla letteratura critica prodotta sul suo lavoro. E’ impreziosito, inoltre, da una galleria fotografica suggestiva, che ripercorre i momenti più significativi della vita dello studioso.
Gli altri tomi sono articolati nelle seguenti sezioni: 1) La dimensione storico teoretica del formativo: raccoglie saggi di carattere pedagogico; 2) la filosofia e lo spazio dell’immaginazione: raggruppa scritti di indirizzo storico-filosofico, ma anche “immaginativi”, su cinema, arte e pittura; 3) presenza dell’idealismo italiano: contiene contributi inerenti il neo-idealismo e l’attualismo; 4) La suggestione del sincretismo e della tradizione: saggi relativi all’esoterismo e al tradizionalismo integrale, incentrati nella discussione dei contributi di Zolla ed Evola. È su questi ultimi che abbiamo intenzione di soffermarci.
Tra essi segnaliamo, innanzitutto, lo scritto di Gianfranco de Turris, Evola lettore di Spengler. Nelle sue pagine si ricostruiscono i rapporti fra i due pensatori, sia sul piano editoriale che concettuale, prendendo quale punto di riferimento gli interventi critici che il pensatore tradizionalista, impropriamente definito lo “Spengler italiano”, produsse sull’autore del Tramonto nel corso di quattro decenni. La figura di Evola è centrale anche nel saggio di Vitaldo Conte, Tradizione Avanguardia Richiami in rumori corpi d’arte. L’autore sostiene che i concetti di Tradizione come Origine e di “Avanguardia come ricerca interiore dell’arte ultima possono fluttuare oggi in un continuum di suggestioni” (p. 411). Giandomenico Casalino sviluppa, di contro, un confronto tra il pensiero di Hegel e quello evoliano, collocando, con le dovute differenze, i due filosofi nella Tradizione platonico-neoplatonica. Manlio Triggiani si occupa in modo persuasivo ed organico dei tratti costitutivi del metodo tradizionale, altro da quello scientifico prevalso con la modernità, rilevandone l’imprescindibile portato mitico-simbolico. Marcello Veneziani traccia, come Grazia Marchianò, un ritratto intellettuale di Elémire Zolla. Ricorda, tra le altre cose, l’esistenza di uno scritto in inglese dello studioso dedicato ad Evola, in cui il giudizio espresso sul tradizionalista non era tranchant e negativo, come in altri casi.
A testimoniare l’inesausta attività di ricerca di Cavallera, contribuisce anche la sua ultima fatica. Ci riferiamo a Storia delle dottrine e delle istituzioni educative, da poco pubblicato da La Scuola di Brescia (euro 30,00). Si tratta di un nuovo volume, completamente diverso ed ampliato rispetto alla sua precedente Storia della pedagogia, caratterizzato da massicce introduzioni nel corpo del testo di citazioni degli autori discussi. La pubblicazione è, inoltre, arricchita da un’Appendice contente presentazioni delle principali istituzioni educative europee. Il libro dimostra come Cavallera sia giunto, in ambito pedagogico, ad un esplicito recupero della dimensione speculativa, sapienziale della pedagogia “Solo tale recupero consente[…] di riacquistare il senso pieno del concetto di educazione, che non è mero addestramento, bensì formazione, acquisizione di responsabilità e non di una libertà individualisticamente intesa” (p. 5). Si evince come la posizione pedagogica dell’autore, risulti, rispetto ai gusti e alle tendenze educative prevalenti, quantomeno inattuale. La storia della pedagogia è, per lo studioso, la storia della civiltà europea sub specie educationis e tale civiltà egli attraversa in un lungo excursus che, dalla Grecia antica, conduce ai nostri giorni. Informato e ricco di riferimenti, il libro è godibile anche per il non specialista, che è condotto con mano sapiente, in questo caso da pedagogista provato, a coglier i momenti dello sviluppo della pedagogia.
Per il valore “integrale” attribuito da Cavallera al sapere pedagogico, risulta evidente che luogo centrale del suo argomentare vada identificato nei contributi teorico-pratici espressi dal mondo greco-romano. Non è certo casuale che “Pitagora sia tra i primi a costituire un centro di iniziazione in cui la ritualità è tutt’uno con la formazione, il progetto politico, l’ascesi religiosa” (p. 11). Il tema educativo è essenziale fin dai poemi omerici. Nell’Iliade Achille “ha bisogno delle attenzioni del mondo magico e naturale (Chirone) e di quello etico (Fenice)” (p 12). Nell’Odissea, Atena, sotto le spoglie di Mentore, guida Telemaco. Più in generale, in tutta la cultura ellenica, come notò Jaeger, la formazione spirituale la si consegue nella Città, nella cultura politica ed urbana. L’antitesi Sparta-Atene, è interna a tale modello.
Secondo modalità diverse e dovendo rispondere a contingenze storico-politiche differenti, il Socrate-Platone-Aristotele, per dirla con Eric Voegelin, mira ad educare il singolo affinché, nella cittadella interiore, realizzi l’ordine da trasferire all’esterno, nella Città, al fine di curare il nosos, la malattia esistenziale, il disordine, indotto dalla sofistica. Su tale paradigma Roma pensò l’educare centrato sul precedente autorevole della stirpe. Si pensi al Somnium Scipionis di Cicerone e alla concezione dell’educare esemplare di Quintiliano. Perché abbiamo fatto questi rapsodici riferimenti esclusivamente alla tradizione classica? Perché Cavallera, dopo aver attraversato l’intera storia della pedagogia d’Occidente, in modo organico e compiuto, torna ad un’idea dell’educare assai prossima a quella sviluppata a Roma e in Grecia. La pedagogia, in fondo, non solo non è altro dalla filosofia, ma per educare realmente deve recuperare il proprio fondo sapienziale. Anzi, credo che Cavallera sia l’unico studioso ad aver inserito nella storia della pedagogia autori quali Zolla ed Evola, per la loro attenzione verso gli archetipi “E’ la ripresa del tema del sacro” (p. 378).
Solo il recupero della pedagogia areteica potrà consentire di superare, parafrasando Evola, il mondo del “Narciso assoluto”.
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