Giacomo Devoto è famoso per aver redatto, assieme a Giancarlo Oli, uno dei più prestigiosi dizionari della lingua italiana. Ma Devoto è stato anche un grande studioso di indoeuropeistica, e le Edizioni di Ar hanno fatto un bel regalo al mondo della cultura ripubblicando il suo monumentale studio Origini indeuropee, un saggio che era stato pubblicato per la prima volta nel 1962. Da quella data la ricerca archeologica, storica e filologica ha fatto progressi, ma il libro di Devoto è ancora un testo insostituibile per affrontare l’argomento.
Devoto introduce il lettore al tema con una ricognizione della scienza indoeuropeistica, dai primi pionieristici tentativi del XVIII° secolo che individuavano concordanze fra la lingua sanscrita e le lingue occidentali, soprattutto il latino, fino all’affermazione del concetto di indoeuropeo nel XIX° secolo, e ai grandi studiosi del XX° secolo che hanno approfondito ulteriormente lo studio linguistico completandolo con comparazioni storiche e antropologiche: Georges Dumézil, Hans F. K. Günther, Emile Benveniste…
Il concetto di indoeuropeo presuppone l’esistenza di una lingua comune parlata da un popolo che aveva coscienza di una propria identità etnica, ma che poi si è diviso in vari rami fino a dar luogo a una straordinaria molteplicità di lingue dal confronto delle quali gli studiosi cercano di ricostruire forme comuni. Il problema della lingua originaria è tra i più affascinanti e più gravidi di conseguenze per l’interpretazione della storia delle civiltà: per questo sull’argomento si sono succedute le ipotesi più varie, che talvolta sconfinano in supposizioni poco convincenti. Devoto, pur prendendo in esame le diverse teorie, è saldamente ancorato a procedimenti scientifici: in generale il vocabolario mostra che gli indoeuropei conoscevano piante e animali diffusi nel Nord Europa o al massimo nelle steppe della Russia in prossimità del Mar Nero. In base a queste argomentazioni vengono scartate le ipotesi che spostano più a Sud-Est la sede originaria degli indoeuropei.
Devoto poi passa in rassegna i dati archeologici che hanno integrato le testimonianze linguistiche: in particolare il ritrovamento delle “ceramiche a nastro” nei territori dell’Europa centrale sembra da mettere in relazione con l’insediamento indoeuropeo. Un elemento che caratterizza con maggiore precisione i popoli indoeuropei è l’ascia da combattimento, che viene spesso rinvenuta nei corredi funebri. Sempre dall’Europa centrale ha origine il rito dell’incinerazione che si diffonde nel Centro-Nord dell’Italia. A questo proposito già Carlo Cattaneo nei suoi scritti letterari (1842) aveva rilevato la formazione di un’identità europea in conseguenza dell’insediamento di popoli che egli chiamava “Indo-persi” (all’epoca la comunità scientifica non aveva ancora elaborato concetti più precisi). In generale si cominciava a delineare un mondo nordico-indoeuropeo caratterizzato da patriarcato, monogamia, divinità celesti, dimora ultraterrena dei morti, sistema numerico decimale, contrapposto a un mondo mediterraneo caratterizzato da matriarcato, poliandria, culto della Terra Madre, metempsicosi, sistema numerico vigesimale.
L’antico vocabolario indoeuropeo, in effetti, mostra alcuni caratteri costanti che mettono in luce istituzioni e abitudini di vita comuni: la famiglia patriarcale, l’allevamento del bestiame, la pratica dell’agricoltura, l’utilizzo del carro…
Devoto analizza poi il cosiddetto “vocabolario compatto”, cioè le parole di significato più generale che si suppongono meno esposte a variazione. Una delle espressioni più significative è quella della “fama imperitura”, della “gloria eterna” che si trova attestata sia nel linguaggio omerico che nella letteratura dell’antica India: una lampante dimostrazione di quanto fosse importante il buon ricordo di sé nel sistema di valori indoeuropeo. Da qui si comprende la costante preoccupazione di trasmettere alla discendenza i comportamenti virtuosi e meritevoli. Nel campo della religione si nota come la concezione patriarcale della famiglia si traducesse nella figura di un “Padre degli dèi” testimoniato da figure come Zeus, Giove, Wotan. Particolarmente interessante, inoltre, è il termine louko che originariamente indicava la radura nella foresta che veniva illuminata dalla luce solare e quindi percepita come sacra: la parola si è conservata fino al latino lucus che indica appunto il bosco sacro, nonché nel nome del dio celtico della luce Lugh. Nella terminologia dei nomi famigliari i celebri casi di pater e mater sono tra i più indicativi delle concordanze fra le varie lingue indoeuropee.
L’analisi delle parole ci informa su costumi e istituzioni che hanno caratterizzato per millenni i popoli indoeuropei e che in alcuni casi sopravvivono ancora oggi. Il vocabolario più antico restituisce in generale l’immagine di una società che aveva sviluppato un solido senso della individualità umana al quale era legata un’idea della proprietà privata che assumeva un valore magico-sacrale. In base a queste concezioni il furto era concepito non solo come un crimine dal quale difendersi, ma come un vero e proprio atto contro natura.
Fra gli animali spiccano quelli da allevamento: pecore, maiali, bovini. Inoltre il cavallo, utilizzato in guerra e il cane come animale domestico compaiono costantemente al fianco degli indoeuropei.
I nomi etnici sono testimoniati dal termine arya che è sopravvissuto in India e nel mondo celtico e da weneto testimoniato nelle più varie aree del territorio europeo. Per quanto riguarda la terminologia politica il latino rex indica il sovrano ed è legato al termine reg che indica il movimento rettilineo anche in senso simbolico: si delinea quindi una società aristocratica fondata sui valori della gerarchia. Il popolo è indicato dalla parola teuta che originariamente designava l’assemblea. I rapporti famigliari, come si è detto, contemplavano un matrimonio rigorosamente monogamico che definiva con precisione diritti e doveri dei coniugi fra di loro e nei riguardi dei figli, a testimoniare il valore fondamentale della discendenza nel mondo indoeuropeo.
La concezione di libertà personale era espressa dalle forme praiwo e priyo, che indicavano originariamente un amico o una persona cara e che per estensione assumono il significato di uomo libero, designando quindi un concetto di libertà non legato alla nascita, ma al sentimento di affinità e di simpatia che lega l’individuo alla comunità in cui vive.
Infine il libro affronta il tema della formazione delle nazionalità indoeuropee, particolarmente intricato, data la varietà dei linguaggi che sono sorti nei vari territori: greci, italici, celtici, germanici, slavi, ittiti, armeni…
Il volume è corredato da numerose illustrazioni e carte geografiche, da vari indici, e da una tabella comparativa dei temi radicali indoeuropei.
Giacomo Devoto, Origini indeuropee, Edizioni di Ar, Padova, 2008, pp. 590, € 60,00.
marco
salve volevo sapere se anche i sardi sono indoeuropei la cartina infatti lo comproverebbe.