Da ottobre a gennaio scorsi, al Palazzo delle Esposizioni di Roma è stata organizzata un’avvincente mostra, dall’identico titolo del volume qui recensito che ne costituisce il Catalogo, che ha raccontato e descritto l’eccellenza della civiltà etrusca del Lazio attraverso lo straordinario sviluppo dei suoi principali centri urbani. Veio, Cerveteri, Vulci, Tarquinia, città che a partire dai più antichi e comuni caratteri, si andarono di seguito differenziando, non solo rispetto alla produzione artistica, ma anche, più in generale, rispetto agli orientamenti culturali e di culto, agli stili di vita, alle prassi commerciali.
Ai rapporti tra queste antiche metropoli e Roma è dedicata la seconda parte della mostra, che mette in luce la forte influenza esercitata dalla civiltà etrusca sul mondo romano quanto a pratiche religiose e simbologie del potere, illustrando continuità ma anche differenze tra le due culture.
I caratteri delle quattro metropoli dell’Etruria meridionale sono resi evidenti nella loro specificità dalla presentazione delle più importanti testimonianze artistiche locali, molte delle quali presentate al pubblico per la prima volta.
Il libro, i cui curatori sono gli stessi che hanno progettato e allestito la mostra, raccoglie una ventina di saggi che seguono la stessa successione dell’esposizione. Gli autori degli intensi saggi sono tra i più qualificati. Fra quelli della prima parte, dedicati alle quattro città della Tuscia, ricordiamo Gilda Bartoloni, Francesca Boitani, Giovanni Colonna (L’officina veiente: Vulca e gli altri maestri di statutaria arcaica in terracotta), Maria Paola Baglione, Maria Cataldi Dini, Stephan Steingräber (Tarquinia. La più grande pinacoteca del mondo preromano), Anna Maria Moretti Sgubini, Marina Martelli, Antonia Rallo (Il lusso, le donne, il potere), Lucio Fiorini e Maurizio Sannibale.
Di Mario Torelli è da segnalare, oltre l’inquadramento generale, il primo capitolo della seconda parte dal significativo titolo “Roma e le città etrusche. Preistoria e storia di un rapporto”. Oltre a ripercorrere i prestiti dalla tradizione e lingua etrusche alle istituzioni romane e alla lingua latina (tra gli altri populos, “il popolo in armi”, par, “pari, di uguale condizione”) ci ricorda il periodo di subalternità protostorica ai Latini dimostrato dalla presenza di teonimi etruschi di sicura derivazione dal latino ai quali vanno aggiunte pochissime ma interessanti presenze di divinità umbro-sabine. Giustamente la vicenda dell’interferenza tra mondo etrusco e mondo romano “va analizzata sul lungo periodo con tutta la strumentazione possibile, linguistica, storica, antiquaria, archeologica” (p. 170).
Del resto “lo stretto rapporto che lega il mondo latino a quello etrusco già in epoca protostorica si manifesta nella reciproca e complessa influenza rintracciabile nelle più arcaiche pratiche rituali comuni ai due ethne che, intimamente connesse alla cerimonialità e all’esercizio del potere, si esplicano nella condivisione di istituti a carattere sacro che stanno alla base delle strutture politiche di età storica” (p. 181). A “La preistoria. Potere e cerimonialità: iniziazioni, investitura, insegne, trionfo” è dedicato l’excursus di Simona Fortunelli che ci guida dalle fondamentali, per la vita comunitaria, pratiche dell’auspicium e dell’augurio, per giungere al trionfo, gli ancili, la sella curule e i fasci littori. Mentre Francesco Marcattili affronta “La storia. Servio Tullio, i Vibenna e le letture della tradizione”[1].
Come nella miglior tradizione dei cataloghi Electa anche questo volume è riccamente illustrato a colori, sia a integrazione degli articoli sia a corredo delle schede del catalogo vero e proprio della mostra. Forse oltre alle foto non sarebbe stato male riprodurre pure i disegni dell’oinochoe da Tragliatella, il famoso lusus troiae, e quelli degli specchi, specialmente quello di Bolsena con Caco i fratelli Vibenna e Artile[2], per permetterne una migliore lettura anche a chi non ha potuto vedere la mostra. Comunque libro da consigliare, che contribuisce al chiarimento di quella cruciale opera di costruzione, comune a Etruschi e Latini e anche altri popoli italici, di una serie di antichissimi istituti religiosi, gran parte dei quali affonda le sue origini tra la fine dell’Età del bronzo e gli inizi dell’Età del Ferro. “Si tratta di istituti di forte valenza politica, come i riti di iniziazione maschile e guerriera compiuti dai Salii, come le cerimonie del trionfo e dell’auspicio, come le insegne del potere” (p. 21).
* * *
[Recensione de: AA.VV., Etruschi, le antiche metropoli del Lazio, Catalogo (a c. di Mario Torelli e Anna Maria Moretti Sgubini), Electa, Verona 2008, pp. 296, € 40,00.; pubblicata in Pietas, 1, Settembre 2009, pp. 8-9.]
Note
[1] Su Servio Tullio e i Vibenna vedi ora L. Magini, La dea bendata. Lo sciamanesimo nell’antica Roma, Diabasis, Reggio Emilia 2008.
[2] Per un approfondimento del mito di Ercole e Caco e dello specchio di Bolsena vedi L. Magini, La quaglia e la cornacchia – Quattro dialoghi sul mito di Ercole e Caco, Guerini, Milano 1991, cfr. anche L. Magini, L’Etrusco, lingua dall’oriente indoeuropeo, “L’Erma” di Bretschneider, Roma 2007.
Lascia un commento