Adriano Romualdi
Lo studioso italiano più valido che si formò leggendo Evola e frequentando la sua casa fu appunto Adriano, il figlio del vicesegretario del Partito Fascista Repubblicano.
Quando Romualdi morì per un incidente stradale il vecchio Evola scrisse un articolo commemorativo che tradiva, nella estrema atarassia del barone, affetti paterni e un sentimento di dolore per il lutto. Evola ricordava di aver chiesto un giorno al giovane intellettuale di destra come si figurasse l’aldilà. Romualdi rispose che se lo immaginava come una sorte di Ade: risposta pudica, che denotava una concezione sostanzialmente biologistica della vita. A Romualdi interessavano le forze del sangue e della stirpe che producono effetti sul piano storico “secolare”, tanto quanto ad Evola interessavano le forze dello spirito che innalzano pochi eletti ai cieli ultraterreni e anche oltre. Tuttavia Evola concludeva il suo epicedio esternando la speranza che una volta abbandonato l’involucro terreno il valoroso Adriano avesse realizzato quel “risveglio” di cui parlano le tradizioni spirituali e che era in fondo il fine inconsapevole di tutta la sua attività di pensatore e di uomo.
Adriano Romualdi era un paladino delle civiltà indo-europee e – come Evola – un germanofilo. Nel suo studio sugli Indoeuropei si opponeva all’idea che la regione originaria delle popolazioni europee fosse da situare in Russia; e nel saggio sulla seconda guerra mondiale Le ultime ore dell’Europa esaltava il coraggio dei Berlinesi che si opponevano alle truppe sovietiche. Denunciava sprezzantemente il servilismo di DC e PCI definendo i due partiti di massa che dominavano la vita italiana dopo il 1945 come il “partito americano” e il “partito russo”. Romualdi sognava il nascere di una Europa granitica: una Europa che chiaramente parlava Tedesco. Chissà cosa penserebbe oggi vedendo l’Eurozona schiacciata dal grazioso tallone di donna Angela la berlinese …
Nella tipica concezione da estrema destra novecentesca di Adriano Romualdi vi è però spazio per alcune ammissioni interessanti. In uno dei suoi ultimi scritti l’autore dichiara di apprezzare lo stile “eroico” di alcune inquadrature del regista russo Eisenstein (si riferiva al film Ivan il Terribile); e soprattutto ammette l’errore compiuto dai Tedeschi durante la seconda guerra mondiale nel modo di trattare le popolazioni slave.
A dire il vero quell’errore avrebbe meritato una valutazione più profonda perché è fondamentale per l’esito della II Guerra Mondiale e quell’errore è la diretta conseguenza della ideologia nazional-socialista. Il razzismo tedesco esalta con arroganza il valore delle popolazioni germaniche a discapito di quelle mediterranee, slave (per tacere di quelle extra-europee …). Questa impostazione teorica alimentava in molti casi la brutalità dell’occupazione tedesca ad Est; peraltro, il più sprezzante teorizzatore della superiorità razziale, Rosenberg, fu nominato Ministro per i Territori Occupati: l’uomo sbagliato al posto sbagliato.
E pensare che i Tedeschi erano stati accolti in Ucraina come liberatori: dopo venti anni di comunismo e dopo il più feroce sterminio che la storia contemporanea ricordi (7 milioni di Ucraini scientemente sterminati da Stalin), la Wermacht appariva come una alternativa migliore rispetto ai commissari del popolo bolscevichi.
I Tedeschi avrebbero potuto restaurare antiche corone ed antiche istituzioni, avrebbero potuto far suonare a festa le campane delle chiese ortodosse, avrebbero potuto distribuire ai contadini le terre degli immensi latifondi schiavistici del collettivismo rosso, avrebbe potuto rassicurare gli stessi comunisti che alcune conquiste della rivoluzione non sarebbero state cancellate. Ma essi scelsero per pregiudizio di comportarsi da oppressori, non da liberatori.
Furono decisamente più ottusi degli anglo-americani e il loro errore ideologico ebbe un peso determinante che costò nell’economia generale della guerra (l’altro grande errore fu la mancata proclamazione di indipendenza dei popoli arabi e asiatici sottoposti al colonialismo inglese e francese). Ciò nonostante, ricordava Adriano Romualdi, negli ultimi mesi di guerra gli Slavi formavano interi battaglioni di volontari che combattevano al fianco dei Tedeschi, degli Italiani, degli Ungheresi. A maggior ragione tale presenza numericamente rilevante rende imperdonabile l’errore ideologico compiuto dai Tedeschi.
Questa ammissione è importante e apre uno spiraglio su ciò che ancora possibile fare oggi da bravi Europei, da “nazionalisti europei” come voleva Adriano Romualdi: realizzare l’unità del continente, integrando quella parte che sta tra l’Oriente e il Nord iperboreo: la Russia; lasciando alle spalle mitologie politiche ormai consunte, recuperando invece un senso arcaico di fratellanza che accomuna stirpi latine e greche, celte e germaniche, e slave.
I miti della Thule Iperborea, della Lemuria, di Atlantide, della Agarthi (che nella nostra adolescenza abbiamo conosciuto leggendo le opere di Guenon ed Evola) ritornano anche nell’insegnamento di Rudolf Steiner, il fondatore dell’Antroposofia. A dire il vero quei temi avevano fatto la loro apparizione già nell’Ottocento nella dottrina della Teosofia ispirata dalla veggente russa Helena Petrovna Blavatsky.
La prospettiva di Steiner è diversa, ma non opposta rispetto a quella di Evola. Julius Evola coglie nella storia dell’umanità una fatale parabola discendente verso una condizione materiale e profana. Steiner intravede lo stesso cammino “discendente”, ma lo interpreta come qualcosa di “voluto dagli Dei”. Dalle altezze spirituali della prima era, l’uomo si incarna sempre più intensamente nel mondo della materia, nella dimensione temporale, nella esteriorità spaziale. Questa discesa è una prova per l’individualità umana: a contatto con la densità materiale della Terra l’uomo accende in sé la scintilla dell’Io autonomo e sperimenta dell’assoluta solitudine la propria forza interiore. Affinché ciò si realizzi egli deve essere appunto autonomo dalle stesse forze divine che – con perfetta armonia – regolano il moto degli astri, le migrazioni degli uccelli, le fioriture vegetali e le metamorfosi degli animali.
Nella Cronaca dell’Akacha, Steiner parla degli antichi tempi lemurici ed atlantidei; accenna alle origini delle giovani stirpi arye e alla figura di un legislatore primordiale, il cui nome con minime variazioni ricorre nelle varie tradizioni: il Manu della tradizione indù, il Menes primo faraone egizio, il Minos pelasgico, il Mannus della tradizione germanica, fino ad arrivare a Nu-Ma re sacerdotale e legislatore della tradizione romana.
Secondo la visione steineriana, dopo la catastrofe di Atlantide e l’inizio dell’Età del Ferro una serie di civiltà si succedono, ognuna delle quali porta con sé il seme della tradizione primordiale e lo sviluppa secondo il proprio peculiare talento.
Così si succedono da Oriente a Occidente le civiltà dell’India e della Persia: l’India immersa completamente in un aura spirituale, che ancora in tempi storici produce come frutti lo Yoga e la scienza sacra delle Upanishad; la Persia animata da una spiritualità eroica che vede l’uomo come un guerriero della luce schierato a fianco del supremo signore Ahura Mazda, contro Ahrimane lo spirito della tenebra e della menzogna.
Nelle civiltà della mezzaluna che va dalla Mesopotamia al Nilo si sviluppa invece una scienza sacerdotale che coglie nelle stelle la scrittura degli Dei. La Grecia e Roma segnano invece una immersione nel mondo della materia: il pensiero logico dei Greci coglie la Physis, la Natura, attraverso l’intelletto e la splendida arte greca esprime le forme del corpo fisico nella loro perfetta armonia; Roma imprime la sua forma al mondo fisico attraverso il diritto e l’organizzazione politica.
È nel momento culminante della periodo di civiltà greco-romano che avviene l’incarnazione di Cristo, concepito da Steiner come supremo Dio Solare, in armonia con il prologo del Vangelo di Giovanni (“In Lui era la Vita e la Vita è la Luce degli Uomini, la Luce splende nelle Tenebre e le Tenebre non l’hanno accolto”).
Il tradizionalismo evoliano prescinde polemicamente dal cristianesimo, anche se Julius Evola considerava maestro senza pari della Tradizione quel René Guénon che appunto considerava il Cristianesimo come un tradizione regolare. L’antroposofia di Rudolf Steiner integra paganesimo e cristianesimo: l’incarnazione del Cristo-Logos diventa il punto di arrivo e la “condensazione” storica di una serie di prefigurazioni mitiche pagane: il Salvatore Venturo zoroastriano, nato dalla Vergine Immacolata, destinato a rinnovare la Terra, e a giudicare tutte le anime nel momento in cui avverrà l’apocalisse di fuoco; Osiride che muore e risorge come Horus; Dioniso (“Il Figlio di Dio”) nato da Zeus, il dio padre celeste, e da una donna mortale, che patisce, muore e risorge come salvatore universale; Adone (cfr. il termine ebraico Adonai = il Signore) che muore e risorge; il Puer di Virgilio la cui nascita è annunciata proprio nel periodo in cui si verifica il passaggio dall’età dell’Ariete all’età dei Pesci, nell’imminenza dell’anno zero.
Il cristianesimo pagano, o cristianesimo cosmico di Steiner, in un certo senso salda i due pezzi che compongono la spada della tradizione europea; riscatta e rivaluta la stessa eredità pagana evitando di contrapporre i primi due millenni della civiltà europea e i secondi due millenni.
I Germani si convertirono al cristianesimo non appena vennero in contatto con i missionari inviati da Roma o da Bisanzio. Questo popolo che fino ad allora era vissuto nella giovinezza incontaminata della stirpe passava direttamente dalla mitologia ancestrale al cristianesimo. Indubbiamente il mito della Morte degli Dei e della rinascita del salvatore Baldur contribuivano a una rapida e in un certo senso spontanea accettazione della nuova fede.
Steiner considera l’attuale civiltà essenzialmente come la civiltà forgiata dalle stirpi germaniche nel momento in cui esse si affacciarono alla storia ricevendo l’eredità dell’antica cultura greco-romana. Goethe in particolare appare a Steiner come l’Omero del nostro tempo. Egli forgia la figura di Faust riuscendo a condensare in essi tutti i tratti di un tipo umano che non a caso un altro grande pensatore germanico, Oswald Spengler, avrebbe definito “faustiano”. La civiltà nata dalla Wanderung delle stirpi germaniche e proiettatasi oltre l’oceano atlantico è una civiltà faustiana, sempre tesa al superamento di ogni limite, di ogni “record”.
Ma alla attuale civiltà faustiana, secondo Steiner, è destinata a succedere una futura civiltà russa, che oggi albeggia e che negli anni a venire sarà caratterizzata da un rifiorire della spiritualità. Al mondo faustiano della tecnica, delle macchine, del denaro, della conquista degli spazi fisici succederà una futura epoca in cui l’anima umana si aprirà a nuove potenzialità spirituali. Si svilupperà, attraverso una pratica spirituale adatta ai tempi, un livello sovrasensibile della persona umana definito “Manas” da Steiner con una citazione alla terminologia indù.
Questa epoca ora si prepara all’avvento della nuova civiltà, esattamente come nei secoli del basso Impero si preparava la futura civiltà animata dalle stirpi germaniche.
(continua)
ekaros
E vidi il composto, il composto psichico che portava il mio nome, e vidi il caos…il dominio del caos… il dominio della follia…e una sottile forza usciva da questo dominio, si alzava libera dal giogo di queste forze, e percepiva… e rientrando nel caos portava luce e nuova vita… E cominciai a ricordare… e cominciai a salire…
E vidi stadi e gerarchie… oltre il tempo… oltre l’umana follia…e cominciai a sentire…
Forse ero entrato in una nuova follia? E poi percepii la più bassa parte di me, del composto, e più non l’ascoltai…e volai libero…oltre ogni follia…e risi… oltre l’umano limite… oltre ogni possibile gioco di forze da cui mi ero liberato….