Comunità di popolo e socialismo nel Terzo Reich

“Siamo convinti che il nostro socialismo basato sulla fratellanza di sangue si diffonderà sugli altri popoli e darà nuova forma anche al rapporto tra le nazioni, giacché esso contiene in sé la promessa di una nuova lega dei popoli, più ricca di sostanza di quella attuale perché fondata su un socialismo attento all’onore dei popoli”
(Hermann Schwarz, 1936).

Le ricerche storiografiche relative alla genesi del nazionalsocialismo e al periodo contrassegnato dall’esperienza del Terzo Reich hanno perniciosamente occultato qualsiasi seria analisi riguardante la forma politico-sociale che avrebbe contraddistinto l’esperienza rivoluzionaria di lotta (il c.d. periodo del Kampfzeit) e di potere del movimento nazionalsocialista. Dobbiamo riconoscere, principalmente, allo storico tedesco Rainer Zitelmann (autore di una pregevole biografia politica di Hitler) tutto il merito nell’avere evidenziato la persistente lacuna riguardo alla politica organizzativa nel campo strettamente sociale del Terzo Reich e sulle idee che la permeavano.

Ancora oggi possiamo capire che la storiografia di natura liberale e soprattutto quella di matrice progressista o marxista abbiano avuto più di un motivo per occultare certi aspetti del nazionalsocialismo da loro considerati, forse a giusta ragione, alquanto imbarazzanti. Ne possiamo capire perfettamente il motivo. Le domande che molti storici, nel dopoguerra, si sono continuamente posti, analizzando la storia del movimento nazionalsocialista e la sua gestione del potere, furono sostanzialmente le seguenti: la Germania hitleriana fu uno Stato socialista? È applicabile all’organizzazione politico-sociale del Terzo Reich la categoria di ‘organizzazione socialista’?

Il dossier Hitler (documento n. 462a, sezione 5, indice generale 30, dell'Archivio di Stato russo per la storia contemporanea, Mosca) Con una lettura più obbiettiva e scevra da condizionamenti e storture storiche sugli avvenimenti di allora possiamo, con certezza, affermare di sì! La Germania nazionalsocialista rappresentò e sviluppò con una chiave interpretativa innovativa e autenticamente europea una specifica e originale forma di ‘socialismo nazionale’, (proprio Albert Speer ebbe modo di compiacersi di questo “socialismo insieme moderno e tedesco”) radicata nell’anima del popolo rigorosamente antiplutocratica e anticapitalista, concorrenziale e contrapposta alla forma ‘internazionalistica’ rappresentata dall’esperimento marxista della Russia sovietica. Una visione idealistica che rappresenterà la centralità del pensiero politico di Adolf Hitler e dalla quale mai si discosterà : “Nessun nazionalismo può veramente esistere, oggi, che non sia determinato in modo socialista dalla collettività del Volk. E nessuno è un vero nazionalsocialista se non fa cadere l’enfasi sulla parola socialista. È qui, in questo concetto, che sta la forza propulsiva della nostra epoca”.

Anzi, gli stessi nazionalsocialisti non mancarono mai di sottolineare che quanto da loro proposto e poi realizzato fosse, agli occhi del mondo, il ‘vero socialismo’ contrapposto al marxismo, sempre da loro, denunciato come una impostura di stampo giudaico pensata per ingannare la Nazione e i lavoratori. Proprio le vicende del secondo conflitto mondiale contribuirono ad innalzare il tono ideologico dello scontro militare in corso, fu in quelle circostanze che la Germania “…il primo Stato popolare realmente socialista del mondo” evidenziò propagandisticamente la sua posizione radicalmente alternativa nei confronti delle democrazie capitalistiche occidentali e dell’oriente bolscevico.

Sarà lo stesso Adolf Hitler, nel commentare la guerra sul fronte dell’est, a spiegare con chiarezza la natura del conflitto ideologico che impegnava la Germania e l’Europa: “Ad ogni tedesco che combatte oggi in Oriente, io posso rivolgere questo invito: Considerate le nostre realizzazioni, le nostre case, le nostre colonie rurali; confrontate le nostre organizzazioni nazionalsocialiste con ciò che avete visto laggiù; paragonate la sorte del contadino tedesco con quella del contadino russo e datemi poi il vostro giudizio: Chi ha fatto meglio e chi ha avuto le intenzioni più oneste? Certamente tra quanti son tornati dalla Russia nessuno ha esitato ad ammettere che solo in Germania stesse per realizzarsi uno Stato socialista. Ma proprio per tale motivo quest’altro mondo, specie in quanto rappresenta gli interessi capitalistici, muove contro di noi. E’ un consorzio che ancor oggi si arroga di governare il mondo secondo il suo interesse capitalistico, di dirigerlo e, se necessario, di maltrattarlo”.

Trevor Ravenscroft, Hitler e la lancia del destino. Il potere esoterico dell'arma che trafisse il costato di Cristo L’elaborazione ideologica sviluppata all’interno del movimento nazionalsocialista fu indubbiamente debitrice del contributo culturale sviluppatosi nel ‘laboratorio’ di idee del radicalismo nazionalista e volkisch che permeò l’inquieto l’ambiente della c.d. ‘Rivoluzione Conservatrice’, come anche della critica spengleriana al liberalismo (considerato, a giusta ragione, dal filosofo da sempre ostile al concetto di Stato), anche qui utilizzando la mediazione “dell’istinto tedesco autenticamente prussiano” si affermava che il dominio politico doveva appartenere alla ‘Totalità’, la persona stessa doveva essere posta al servizio della ‘Totalità’, anzi il singolo di per sè non aveva un proprio valore perché doveva subordinarsi alla ‘Totalità’, quindi la ‘Totalità’ deteneva la sovranità. Il “Noi comunitario” si poneva, inevitabilmente, rigidamente contrapposto al “Io individuale”.

Nella teorizzazione del ‘socialismo prussiano’ si trovava magnificamente espressa tutta la lapidaria incisività e radicalità che contraddistingueva l’opposizione al modello della liberal-democrazia anglosassone e alla propria ‘etica’ del successo economico considerata, sempre da Spengler, come la versione inglese del calvinismo. A tutto ciò il filosofo tedesco contrappose quello che egli stesso definiva come l’istinto gotico della volontaria subordinazione dell’individuo alla ‘Totalità’. Un istinto e uno stile rinvenibile principalmente nella stirpe prussiana. Per questi motivi Spengler ricondusse il proprio ideale politico ad uno specifico socialismo autoritario di stampo prussiano che avrebbe restituito la vera libertà: la libertà dall’arbitrio economico del singolo.

cellula della NSBO Oltre alla critica spengleriana e, probabilmente, in misura maggiore ebbero influenza le elaborazioni, più propriamente politiche, della Thule gesellschaft e delle sue filiazioni: la Lega dei lavoratori tedeschi e l’Associazione comunitaria operaia tedesco-socialista. Ambedue e pertanto la Thule gesellschaft, con incessanti appelli rivolti ai lavoratori, propagandavano la necessità e l’urgenza, per la salvezza della Germania dal giogo dell’Alta finanza internazionale, di un socialismo specificatamente nazionale e la creazione di un Partito che fosse in grado di contrastare la socialdemocrazia sul suo stesso terreno: “Ostentando un’opposizione di facciata, la Socialdemocrazia conduce contro il Capitalismo una lotta evidentemente fittizia, dal momento che, alla guida di questo Partito, non si trovano che ebrei e capitalisti”.

Questo ‘nuovo Partito’, che avrebbe accolto nei ranghi esclusivamente lavoratori di nascita e di discendenza tedesca, avrebbe propugnato riforme sociali assolutamente radicali, la nazionalizzazione delle Banche e l’abolizione della speculazione borsistica, avrebbe respinto il modello della democrazia occidentale e avrebbe, anche, mirato all’abolizione della legislazione derivata dal Diritto Romano che, all’avviso dei ‘nuovi socialisti tedeschi’, aveva con il tempo assunto un carattere asociale a scapito dell’interesse comunitario tale da privilegiare il profitto privato del singolo individuo e legittimare la speculazione e la prevaricazione sociale a danno delle categorie popolari: “Poiché intende affrontare radicalmente i problemi posti dalle necessità nazionali e sociali sulla scorta delle istanze basilari incisive ed inflessibili che lo guidano all’azione, questo nuovo Partito non intende avanzare proposte tendenti ad ottenere riforme solo apparenti (…) Assolutamente ostile al Capitalismo ed impenetrabile da infiltrazioni giudaiche, il nuovo Partito intende farsi strada senza usare riguardi né fare concessioni di sorta ad alcuno, lasciandosi guidare solo dalla ricerca della prosperità nazionale nel perseguire, accanto ad una più equa distribuzione dei beni, il risanamento ed il ripristino del vigore della popolazione tedesca, tanto duramente provata”.

Pierluigi Tombetti, I grandi misteri del nazismo. La lotta con l'ombra Il Nazionalsocialismo razionalizzò e rielaborò tutto questo giungendo ad un socialismo pensato non più per una sola classe sociale, ma per tutta la comunità nazionale che sarebbe andato a saldarsi con un giovane nazionalismo popolare, irriducibilmente estraneo e nemico del conservatorismo reazionario. Insieme finirono così con il formare una macchina da guerra senza precedenti contro il vecchio mondo del capitalismo liberale. Nel nazionalsocialismo andava così a rivivere il mai tramontato mito della sintesi organica tra l’elemento sociale e quello nazionale che avevano rincorso generazioni di idealisti e di ‘sindacalisti rivoluzionari’ beneficiari della lezione storica di Georges Sorel. Non a caso lo stesso scrittore francese Jean Variot, discepolo, biografo e amico di Sorel, in una sua opera dedicata alla raccolta di scritti del sindacalista francese giunse a constatare: “Oggi, nel 1935, trovo nelle teorie hitleriane, che conciliano un socialismo di ordine pratico con un nazionalismo intransigente, una singolare coincidenza di idee con quelle di Sorel, dal 1909 al 1911. Se Sorel avesse pubblicato le sue idee di allora, si potrebbe dire che Hitler se ne sia ispirato”.

Con la rossa bandiera recante la ruota solare i nazionalsocialisti vollero concretizzare la rappresentazione simbolica del significato della compiuta realizzazione di questa sintesi che, a sua volta, costituiva il fondamento del ‘socialismo tedesco’. Il tutto all’insegna della parola d’ordine: Gemeinnutz geht vor Eigennutz, il bene comune che prevale sull’interesse individuale.

Gemeinnutz geht vor Eigennutz, rappresentò, in realtà, molto di più di una diffusa e mobilitante parola d’ordine. Nella concezione e nella puntualizzazione dell’importanza che il ‘bene comune’, ovvero l’utile della ‘comunità popolare’, doveva sempre precedere e prevalere sull’interesse ‘privatistico’ del singolo individuo, si può agevolmente riscontrare il significato autentico ed innovativo del ‘socialismo-nazionale’ tedesco e dell’ordinamento di vita popolare che ne derivava: la Volksgemeinschaft. Nella definizione etnico-sociale della ‘comunità organica di popolo’, la Volksgemeinschaft nazionalsocialista, non era affatto anomalo riscontrare concetti del tipo: “Nello Stato nazionalsocialista, non esiste più una proprietà della quale l’individuo può disporre a proprio piacimento. Non esiste il diritto illimitato alla proprietà, ma solo il diritto, che sia stato meritato, di amministrarla per il benessere di tutti. La proprietà è un prestito. Certamente si può usarla, ma solo nell’interesse di tutti”. Simili affermazioni rientravano a buon titolo nel rinnovamento giuridico tedesco intrapreso dal regime nazionalsocialista e esprimevano il radicale anti-individualismo dei giuristi nazionalsocialisti e la loro avversione al ‘diritto soggettivo’, il diritto borghese per eccellenza sul quale si basava la legittimazione del sistema capitalistico.

Winfried Mogge, I Wandervögel: una generazione perduta. Immagini di un movimento nella Germania prenazista Il ‘diritto soggettivo’ di natura liberale, che fino ad allora legittimava storicamente e giuridicamente la concezione individualistica e privatistica della ‘proprietà’ e dell’economia tutta, mal si conciliava con la Weltanschauung comunitaria e organicistica del nazionalsocialismo che rifiutava a priori l’esistenza di un ‘interesse individuale’ da dovere tutelare. Per i nazionalsocialisti al posto della protezione dell’interesse individuale si doveva porre prioritariamente il ‘servizio alla comunità’, la responsabilità e il senso del dovere nei confronti della comunità popolare e dell’ordinamento concreto della nuova organizzazione socialista del popolo che essa esprimeva, in relazione e in corrispondenza con la ‘funzione sociale’ che il ‘membro del popolo’ (il Volksgenosse, il ‘compagno di popolo’, non più il ‘singolo’ individuo, quindi) concretamente occupava nella comunità stessa.

La comunità di popolo, nella visione nazionalsocialista, non rientrava in una sfera distinta da quella privata, ma si identificava con questa e quindi anche con le relazioni tra i suoi membri. L’individuo era concepito come un elemento organicamente e perfettamente integrato nella struttura sociale e comunitaria fino a confondersi con questa. Era quindi normale che si ponesse con enfasi l’accento sulla completa e totale unità del singolo con il suo popolo: unità intesa in senso politico, sociale e infine razziale.

Le parole del noto giurista nazionalsocialista Karl Larenz ci appaiono quindi in tutta la loro disarmante chiarezza: “Non come individuo, come mero uomo o come portatore di una astratta ragione universale, io ho diritti e doveri e la possibilità di formare rapporti giuridici, bensì come membro di una comunità che si dà nel diritto la propria forma di vita, della comunità di popolo. Il singolo ha una concreta personalità soltanto come essere vivente in comunità, come Volksgenosse”.

Coerentemente con il proprio programma il nazionalsocialismo si proponeva di superare il contrastante dualismo tra ‘pubblico’ e ‘privato’ nel nuovo ordinamento di vita popolare incarnato dalla Volksgemeinschaft che, nell’immaginario politico dei nazionalsocialisti, avrebbe dovuto porre fine all’ordine delle classi nate dallo sviluppo del capitalismo, procedendo verso un nuovo ordine socio-economico (da qui l’insistenza sui temi del socialismo tedesco e della nobiltà del lavoro manuale) e un riordinamento etico e spirituale che avrebbe cancellato il disordine materialista dell’epoca.

Detlev J.K. Peukert, La Repubblica di Weimar Queste osservazioni ci conducono al cuore della concezione sociale del nazionalsocialismo: qui l’individuo di per sé non ha veste giuridica, né funzione sociale; come anche l’astratta ‘società’ non riveste né importanza, né possiede una completezza giuridica non essendo altro che una sovrastruttura protagonista con l’individuo della dinamica borghese. Mentre solo il Volk, il popolo concreto nella sua veste etnica, politica e sociale, può rivestire rilevanza giuridica e in esso l’uomo, il Volksgenosse, in quanto sua consapevole e organica parte attiva; il membro del popolo considerato come portatore di una volontà non individuale, ma comunitaria. Il socialismo e la razza divenivano così, coniugandosi, le robuste fondamenta dell’organica volontà collettiva del popolo e della disciplina delle sue componenti sociali.

Al momento in cui i nazionalsocialisti riconoscevano nel popolo la fonte del diritto, automaticamente la Volksgemeinschaft diveniva l’unico soggetto giuridico all’interno del quale vigeva il principio fondamentale della distribuzione e del riconoscimento del ruolo e della funzione sociale, avveniva così la totale coincidenza tra pensiero giuridico, pensiero sociale e pensiero politico. Si realizzava la radicale negazione del diritto borghese tutto incentrato sull’idea liberale di libertà privata e sul, conseguente, egoistico arbitrio sulla proprietà privata e sull’economia: “Solo la comunità di popolo deve essere proprietaria delle ricchezze nazionali, i singoli individui non possono esserne che i depositari e ne sono debitori nei confronti della collettività. La quale è la proprietaria principale di tutte le ricchezze che i singoli possiedono soltanto di seconda mano, per feudo”.

Fabrizio Bucciarelli, I Signori di Thule. Segreti e misteri del nazionalsocialismo Il nazionalsocialismo produsse una tale e profonda permeazione fra categorie politiche, sociali, filosofiche e giuridiche da renderle inscindibili tra di loro, costituendo addirittura l’una il presupposto dell’altra. Politica, filosofia e diritto venivano dunque presentate come espressioni molteplici della medesima sfera di conoscenza conforme alla Weltanschauung ufficiale che a sua volta si proponeva come universo concreto in diretto riferimento alla Volksgemeinschaft che si presentava come l’organismo reale: una entità concreta dalla quale nessuna scienza sociale doveva assolutamente prescindere. Tanto meno la scienza giuridica che, a sua volta, veniva innalzata al rango di scienza militante, mentre i giuristi nazionalsocialisti rivestivano la posizione di soldati-politici del fronte del diritto.

Il nuovo diritto comunitario diveniva, così, la forma nella quale e attraverso la quale la Volksgemeinschaft indirizzava e plasmava in modo unitario la propria vita collettiva. Nell’assoluta uguaglianza di stirpe tra il Capo e il seguito, nella loro fedeltà reciproca realizzata nella comunità di popolo sgorgava il forte sentimento dell’appartenenza, una forza recondita che stabiliva la preminenza del collettivo sull’individuale e del generale sul particolare.

La netta distinzione che i nazionalsocialisti applicavano tra il concetto di Besitz (il possesso limitato) e il concetto di Eigentum (la proprietà piena ed intera detenuta dalla Comunità e dallo Stato) rimandava a precisi riferimenti dell’antico diritto germanico delle Sippen conosciuto fin dai tempi arcaici del comunitarismo tribale (ovvero della antica concezione germanica della proprietà collettiva della tribù o della nazione sui mezzi di produzione e sul suolo dove ogni singolo produttore non era che un vassallo posto al servizio della comunità) riletto in chiave moderna sulla base e nello spirito dell’idea socialista intesa alla tedesca dove trionfava la concezione totale della Comunità di Popolo e l’idea del Volksgenossentum, il cameratismo del popolo, nonché la funzione prettamente sociale della proprietà.

Heinrich August Winkler, Grande storia della Germania (2 volumi) Commentava, in tal senso, uno dei più noti sociologi nazionalsocialisti, Werner Sombart: “Per il socialismo tedesco il problema della proprietà non esiste (…) a condizione ben inteso che la proprietà privata non abbia una portata illimitata ma, per quanto si riferisce ai mezzi di produzione ed alla terra, assuma quasi il carattere di una investitura feudale. Posso pienamente associarmi ad Othmar Spann quando scrive: formalmente vi è proprietà privata, sostanzialmente solo proprietà sociale. Il diritto di proprietà non determina più le direttive dell’economia; ma sono queste a determinare l’ampiezza e la specie del diritto di proprietà: ecco il punto saliente”.

Il campo d’azione del socialismo tedesco non si esaurì esclusivamente con interventi negli ambiti sociali, economici e giuridici, ma influenzò in modo determinante, anche, lo sviluppo di una nuova cultura. A fianco di un recupero dei temi naturalistici, volkisch e razziali si approfondirono, anche, i richiami ad una cultura della tecnica letta come interpretazione di un nuovo romanticismo dell’acciaio che avrebbe innalzato la figura del ‘lavoratore’ emancipandolo dalla condizione di proletario sfruttato a quella di ‘soldato del lavoro’ pilastro essenziale della nuova comunità di popolo; prese forma, ad esempio, l’interessante fenomeno degli Arbeiterdichter, i ‘poeti lavoratori’, cantori dell’eroismo del lavoro e del cameratismo degli operai nelle fabbriche: l’Arbeiter celebrato nelle liriche rifletteva, anche, l’uomo nuovo annunciato dal mito propagandistico del nazionalsocialismo.

Come altrettanto importante e significativa per la diffusione delle tematiche del socialismo volkisch fu la densa e diffusa esperienza del Kampfbuhne, ovvero del ‘teatro di lotta’, che prese corpo fin dal 1926 come espressione di un più vasto progetto denominato NS-Versuchsbuhne, ‘teatro sperimentale nazionalsocialista’. I nazionalsocialisti definirono lo stile aggressivo della polemica politica del ‘teatro di lotta’ come Streitgesprach, cioè come ‘polemica contro il nemico’, intendendo come ‘nemico’ tutto ciò che aveva colpevolmente nociuto alla salute sociale e politica del popolo tedesco: gli speculatori finanziari, i banchieri capitalisti, gli usurai ebrei e gli agitatori marxisti.

Questo genere di pedagogia politica che utilizzava la forma teatrale e il cabaret come luoghi dove indottrinamento, formazione e divertimento fossero un tutt’uno riscosse nei ceti popolari un enorme successo e contribuì, in modo originale, allo sviluppo di una nuova cultura nazionalsocialista.

Arbeitertum Una nuova cultura etno-popolare che poteva orgogliosamente alla fine vantare di avere nei lavoratori, riportati in qualità di membri autorevoli in seno alla comunità (dopo decenni di frazionismo classista) e rigenerati con una nuova consapevolezza razziale e sociale, “i rappresentanti di un socialismo che in onore del lavoro fa iniziare la vita virile di ogni giovane con la vanga”. Anche in questo caso il mito comunitario e le parole d’ordine unificanti fecero miracoli nel restituire un profondo e sentito senso di appartenenza a tutto il popolo tedesco, un senso di appartenenza che necessitava, per essere tale, di una mobilitazione permanente e di una incessante e attiva partecipazione alla vita dell’omnicomprensiva Comunità di Popolo.

Infine sovvertendo l’architrave del pensiero liberal-borghese che imponeva la supremazia del ceto mercantilistico e restituendo la piena sovranità al dominio politico-sociale della Comunità di Popolo il nazionalsocialismo ricondusse l’istanza economica al solo ruolo che le sarebbe spettato, quello di totale subordinazione ai superiori interessi, alle necessità e alle direttive della comunità politica e della sua organica manifestazione: lo Stato popolare nazionalsocialista.

Possiamo trovare la legittimazione di questo superiore interesse nelle parole di Hans Frank, il decano della giurisprudenza nazionalsocialista: “Non esiste una società al di fuori della totalità del popolo. Nel nostro popolo non esistono più raggruppamenti feudali, o aristocratici o comunque privilegiati per tradizione storica e per speciali diritti. Non esistono né famiglie, né classi privilegiate. Esiste un popolo tedesco unitario, che comprende nella sua schiacciante maggioranza i compagni che lavorano nello Stato, nel Partito e nell’economia”.

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46 Responses

  1. Vincenzo Di Maria
    | Rispondi

    E' un bellissimo articolo sul socialismo in versione nazionalista. Infatti l'errore di Hitler è stato proprio questo nel dare al suo socialismo la veste nazionale. Io(permettetemi l'io che intendo usarlo kantianamente) ho fondato sia pure troppo tardivamente, ma sto cercando di mettere riparo ai miei 82 anni e con un infarto recente ma superato brillantemente, un nuovo soggetto politico dal titolo "Socialismo Universale" per dare ampio respiro al vero socialismo di cui nessuno ha mai trovato la strada giusta per uscire dal provincialismo, dalla corruzione e dalla corsa alle poltrone. Il mio Socialismo Universale affonda le sue radici ideologiche nei concetti di Stato Socialista e Popolare

    dell'illuminato industriale inglese Owen e del francese Saint Simon. Grazie per avermi dato questa possibilità.

  2. Camomil
    | Rispondi

    Ma come si può considerare la Germania nazista come uno stato socialista? Stato socialista è quello dove la proprietà privata è stata abolita, nella Germania nazista invece la proprietà privata ed i capitalisti c'erano eccome! Nella Russia bolscevica di Stalin invece no.

  3. evoliano
    | Rispondi

    In questo articolo si fa finalmente giustizia a tutte le bugie sul nazionalsocialismo propinate dai marxisti,il nazionalsocialismo infatti fu tutt'altro che uno strumento della reazione capitalistica,ma il vero portatore del vero socialismo,che altro non può essere che nazionale,il socialismo poi non è un movimento che vuol abolire la propietà privata ma un movimento che vuol dare prosperità ad ogni classe sociale,in questo senso il Terzo Reich è socialista!L'Unione Sovietica di Stalin invece non fu altro che l'esperienza né del socialismo né del comunismo ma del capitalismo di stato,che non è altro che la sostituzione dello stato ai capitalisti in cui invece di tanti capitalisti,c'è un solo capitalista che è lo stato,in cui la propietà priata è si abolita,ma non c'è nessuna condivisione o partecipazione del potere da parte del proletariato in tale società.

  4. roberto
    | Rispondi

    hitler nazionalizzo la banca di germania mentre a mosca nel 1936 stalin coopto'

    diversi capitalisti americani nella banca dell'urss che divenne una filiale della federal

    reserve..e non dimentichiamo che thissen e kruupp uno fu incarcerato e venne

    liberato dagli americani e l'altro mori' in un campo di concentramento.

    saluti roberto

  5. arsenio
    | Rispondi

    Questo articolo, come le tesi di Zitelmann, sottace l'essenziale della questione. Supponiamo pure che il nazismo volesse attuare una politica " socialista ", cioè per certi aspetti egualitaria, per i tedeschi. Tale socialismo era inseparabile dall'asservimento delle " razze inferiori " come gli slavi, o dalla loro distruzione: doveva esser questo a procurare le risorse necessarie. Inoltre, il concetto del " primato della comunità " sugli " egoismi personali ", come inteso dal nazismo, aveva implicazioni profondamente illiberali per gli stessi tedeschi. Solo per fare un esempio, i progetti d'incremento dell'assistenza sanitaria si accompagnavano alla tentata promozione del " dovere d'essere sani ", con relativa eliminazione dei malati: " la tua salute non t'appartiene " era lo slogan. Erano queste due caratteristiche, razzismo e illiberalità, a distinguere le misure sociali naziste( attuate o, più spesso, solo progettate ) dal " welfare state " sviluppato da molte democrazie nel dopoguerra.

  6. arsenio
    | Rispondi

    In breve, chi è indifferente all'uguaglianza e alle libertà personali può approvare l' " armoniosa comunità " nazionalsocialista; gli altri, no. Ma alcuni, affascinati dal nazionalismo, dal " sangue e terra " e così via, preferiscono chiudere gli occhi sulle implicazioni razziste e illiberali del " socialismo " hitleriano. Infine bisogna pur dire che molti capitalisti tedeschi hanno collaborato attivamente con il regime, se non altro perché qualsiasi regime che non abolisca le imprese private le chiamerà a collaborare

  7. paolo
    | Rispondi

    Il fatto è che quel tipo di socialismo che si attuò in Germania non ha nulla a che vedere con l'unico tipo di "socialismo" che generalmente si conosce, quello di matrice marxista, fondato sul materialismo storico e dialettico. Il socialismo germanico era un socialismo organico, fondato su una concezione appunto organicistica e gerarchica della comunità di popolo, la volksgemeinschaft, etnicamente ed unitariamente intesa, che non concepiva suddivisioni di tipo materialistico fondate sul censo o sulla lotta di classe, conformemente a quanto avveniva nelle civiltà tradizionali indoeuropee anteriori all’avvento del capitalismo, dei relativismi, delle concezioni liberali-atomistiche (che fecero scadere la “comunità” organica del “noi” in “società” individualistica dell’ ”io”) e delle differenziazioni fondate sulle ideologie.

  8. paolo
    | Rispondi

    Comunque l’argomento è estremamente complesso. Maurizio Rossi analizza le caratteristiche di questo socialismo comunitario nell’ottimo scritto “Verso l’edificazione del vero e unico stato socialista del Volk”, in cinque parti, di cui la prima qui: http://thule-italia.com/wordpress/archives/2319 , e in altri articoli. Così la stessa Sonia Michelacci, che si sofferma soprattutto sugli aspetti più tecnico-giuridici nella notevole opera “Il Comunismo gerarchico”. E poi ci sono diverse opere pubblicate in materia dalle edizioni Thule Italia (ad esempio “Il socialismo tedesco al lavoro”, “La dottrina nazionalsocialista del diritto e dello stato”, ecc.) anche col contributo dello stesso Maurizio Rossi e di Luca Lionello Rimbotti.

  9. Ales
    | Rispondi

    socialismo e abolizione della proprietà privata c'entrano come i cavoli a merenda. il socialismo nasce ben prima del cosidetto "Karl Marx".
    è emblematico di oggi non conoscere tante cose dal proprio orto al mondo intero. Ci vogliono così, ce lo insegnano alla scuola dell'obbligo, "scuola di partito".

  10. arsenio
    | Rispondi

    Vedo che non viene realmente risposto alle obiezioni mosse dal sottoscritto. C'è chi ama credere che il richiamo alla " razza " o all'etnia , nonché un regime assolutista in politica, fossero in grado di superare gli egoismi personali per il bene di una nazione, mentre le democrazie liberali consentirebbero una libertà egoistica. Si tratta di un' illusione: quel " socialismo " era inseparabile da guerra, dominio razziale, divieto di sciopero e non rimuoveva le disuguaglianze tra tedeschi. Aveva o voleva avere le sue misure assistenziali, ma le hanno anche le democrazie. Un equivoco – non l'unico – è legato al concetto di " individualismo ". Se è " egoistico ", poniamo, il rifiuto del " dovere d'esser sani " o del divieto di leggere certi libri, allora un democratico liberale è un egoista. Ma è una dubbia definizione

  11. Ales
    | Rispondi

    Assolutismo? Quello di oggi forse. Hitler definiva la sua "democrazia tedesca". Parlare di "democrazia" è come parlare di niente. Oggi siamo liberi? La democrazia liberale sarebbe libertà? Dominio razziale? Forse quello promosso dal trattato di Versailles. La guerra l'hanno dichiarata Londra e Parigi quando la Germania faceva giustizia contro gli "stati truciolame" di Versailles che fra l'altro perseguitavano slesiani, sudeti, ecc., fino a prova contraria, e buona parte di inglesi e francesi erano contro i propri governi democratici. I "cattivi" del 1938-39 erano i "cechi" e i "polacchi" (regioni minuscole prima di "autodeterminarsi" a spese degli altri), oggi lo sanno tutti da Los Angeles a Pechino. Allo stesso tempo a nessun soldato tedesco lealista piacevano Heydrich (a molti cechi operai sì) o altri personaggi del suo regime.

  12. Ales
    | Rispondi

    Oggi ci sono più libri vietati che all'epoca nei vari regimi. Sono stati contati.
    Il libralismo consiste nell'obbligare tutti a respirare il fumo di qualcuno negli ambienti pubblici, e per il resto, si veda sul Moeller van den Bruck in cosa consiste.

  13. arsenio
    | Rispondi

    Temo che le tue siano mitologie, hai letto solo quello che " confermava " le tue tesi e nient'altro…neanche il Mein Kampf hai letto, si capisce molto bene

  14. Ales
    | Rispondi

    leggitelo tu il mein kampf, ma leggiti anche "la ragione aveva torto" di massimo fini (è corto, si legge bene) e moeller van den bruck "il terzo reich del 1925" (il terzo regno)

  15. Ales
    | Rispondi

    Io "sono passato dall'altra parte" – per parlare in modo stereotipico e tagliato con l'accetta come fa Lei – dopo essere stato addestrato a essere un numero, come Lei. non sono nè un figlio di reduci strani, o altro. E il mein kampf non so neanche cosa sia.
    Magari però se Lei riesce a capire la differenza tra socialismo in sè e collettivismo e sovietismo…
    la comunità etnica SUPERA, senza ombra di dubbio, gli egoismi personali. come si vede dove esiste. Basta fare il parallelismo a voi neo illuministi o derivati, del legame (nel bene e nel male) che c'è tra parenti consanguinei e tra consanguinei di quella nazione reale che è solo quella etnica.

  16. Ales
    | Rispondi

    Io mi baso su quello che hanno scritto dei cospiratori tedeschi contro Hitler, e vari oppositori interni al regime. Certo che se Moeller van den Bruck, la rivoluzione conservatrice, ecc. per la vostra cerchia sono interscambiabili con l’ultimo skinhead..Io parlo di fatti, Lei di teorie. Li provi a confutare piuttosto che trincerarsi dietro a vuote teorie rassicuranti. Lei hai letto solo il suo oppio liberale a beneficio di Bretton Woods e del cosiddetto “Rockfeller” e i soliti altri, e si vede senza temere niente. Si tenga le sue certezze e vada avanti così tranquillo e sicuro. Li ha contati Lei i libri all'indice? Chissà cosa sa dei cechi e dei polacchi. Controlli dove era la Polonia (per quel poco che era) prima. Faccia pure le sue campagne contro la "società clinica" a favore del degrado, del diritto di stonarsi e del crollo della civiltà.

  17. Ales
    | Rispondi

    Magari però se Lei riesce a capire la differenza tra socialismo in sè e collettivismo e sovietismo…la comunità etnica SUPERA, senza ombra di dubbio, gli egoismi personali. come si vede dove esiste. Basta fare il parallelismo a voi neo illuministi o derivati, del legame (nel bene e nel male) che c'è tra parenti consanguinei e tra consanguinei di quella nazione reale che è solo quella etnica. Tanto per perdere la sua verginità ideologica le consiglio come abc, “la ragione aveva torto” di Massimo Fini.

  18. Ales
    | Rispondi

    Hitler diceva ai suoi (Speer, ecc) che il Mein Kampf era superato e datato già nel 1940. Pensare al Mein Kampf come l’opera suprema del nazionalsocialismo hitleriano è un’offesa all’intelligenza di un po’ tutti, in primo luogo a chi lo pensa. Nessun “gerarca” tedesco lo aveva letto. Forse Rosenberg.

  19. arsenio
    | Rispondi

    Uno scambio di messaggi non può essere un trattato storico, quindi mi limito a sottolineare ciò che conta in pratica. Non sono un comunista, e neanche un entusiasta dell'occidente così com'è. Lo preferisco di gran lunga al nazismo, perché, ritengo, quest'ultimo ha mostrato che l' " armoniosa comunità " etnica esiste solo contrapponendola a qualche popolo esterno ad essa, dichiarato nemico o inferiore; ed esiste solo grazie al monopolio della propaganda e alla Gestapo. Esistono anche le utopie di destra. Per Lei non si tratta di utopie, ma mi piacerebbe che, al di là delle asprezze polemiche, riflettesse un pochino sui rischi di ciò che approva. Auguri

  20. Ales
    | Rispondi

    E io non sono di "destra". Lei comunque è un liberale che non conosce il settore in cui sta operando. Qui non si tratta di incensare i "nazisti". Si sta riflettendo su quello che per esempio scrive Gianantonio Valli, o altri, Calabrese, ecc., sul mondo della scienza e della cultura che censurano per legge intere parti della cultura europea. Niente di utopistico per il resto, tutto confutato partendo dal suo opposto (multietnicità, ecc.). Qui si sta arrivando alla banalità di usare slogan praticamente del tipo “il socialismo è collettivismo”, “Hitler voleva uccidere tutti quelli che non erano biondi, tranne sé stesso”, “Hitler voleva conquistare il mondo”. Sarebbe come se io andassi alla nasa a fare e disfare i programmi di lancio (oddio la “nasa nazista”…SS-Führer von Braun).

  21. Ales
    | Rispondi

    Al di fuori delle domande –risposte: è anche risibile (del tipo grasse risate di Funk al suo processo demenziale sulla banca del Reich) che il Mein Kampf sia visto come una sorta di vademecum intenzionalista, ma su questo è d’accordo anche il mondo accademico ufficiale, come sul fatto che il Reich non è mai stato "totalitario"(parola molto retorico-italiana alla stregua di "oceanico"), non c'è mai stato un unico centro di potere o un solo demiurgo. Inoltre il mein kampf diventa dopo il 1933..inconsistente! non definisce nulla in merito alla politica europea, cioè franco-tedesca, per es. Viene scritto quando i “cattivi tedeschi” sono i soldati francesi che su suolo tedesco e in tempo di pace allineano e fotografano i cadaveri di operai fucilati (si legga magari anche i “Proscritti” di von Salomon). E la cosa si ferma lì. È il governo di Parigi a dichiarare guerra a Berlino, non viceversa.

  22. Ales
    | Rispondi

    Cardini parla dell'europeismo hitleriano. Cardini non è uno skinhead nè un filo-nazista. C'è più retorica europea nell'unione "europea" di oggi che negli articoli in inglese delle pagine dei Signal per il mercato USa ante 1942 che ho letto.
    Ricordiamo l’ovvietà per cui Hitler vedeva il suo Reich “in provincia” dell’impero britannico, a cui riconosceva il ruolo di controllo extraeuropeo che si era guadagnato nei secoli (“la perfida Albione” non va tanto di moda sul continente europeo. Sicuramente la City e l’americano Churchill hanno schiavizzato il popolo inglese, ma questo resta più europeista (Mosley) e antiamericano della maggioranza italo-franco-tedesca oggi).
    Certo che se la storia la si "impara" con le trasmissioni di Cruciani o di Cecchi Paone…(potrebbero insegnare a Goebbels come tagliare e censurare immagini e fatti)

  23. arsenio
    | Rispondi

    Vede, Lei non può dire che " non conosco il settore " perché non sa cosa ho letto. Per replicare ai suoi argomenti in campo storico ci vorrebbe un lungo articolo e non posso scriverlo qui. Mi limito a notare che il modo di vedere il passato è frequentemente legato agli auspici per il futuro e viceversa. Lei ha scritto che " la comunità etnica supera senza dubbio gli egoismi personali "; e questa per me è un'utopia. Ad essa si collega il suo modo di vedere il nazismo, con una certa parziale indulgenza se non parziale ammirazione. Forse siamo tutti spinti dalle nostre preferenze politiche a illuderci e a fraintendere molti fatti. Vorrei suggerirle anch'io alcune letture, ma temo che non servirebbe: se vorrà, le troverà da solo.

  24. Ales
    | Rispondi

    Io non ho alcuna filiazione politica nei confronti del nazismo. Non conta cosa hai letto se la tua produzione equivale a "il socialismo è collettivismo", "il nazismo è di destra" ecc. Ho detto che leggo testi dei cospiratori della bomba del 20 luglio e del generale Steiner, russista, anti-himmleriano, ecc. Semmai fai le tue prediche buoniste all'autore dell'articolo. Quella che tu chiami utopia è un fatto in alcuni stati dell'Europa occidentale, in una regione dello stato italiano, l'unico in cui si vive bene, e in tutta l'Europa centro-orientale, nonchè in tutta l'Asia. L'utopia è ovviamente il mondialismo definito "multiculturalismo".Gli occhiali ideologici li hanno quelli come te che non sanno che i francesi nella Saar ammazzavano la gente che usciva di casa dopo le 21 e che si stupiscono se questo succedeva in Russia. Non parliamo poi del paragone tra le indennità di guerra di Versailles e la tassa di occupazione a Parigi. ecc.

  25. Ales
    | Rispondi

    I “trattati si storia” possono essere lunghi quanto si vuole se sono cartaccia alla Biagi, Petacco, Paone, De Luna, ecc. Berlino lascia la Francia per 2/3 non occupata e i 4 anni successivi sono tuttora un forte “pain in the ass” (alla faccia dei vetero-antieuropei del sito -Albione è Europa- fuori dal mondo franco-anglo-tedesco antiamericano) per Parigi: la mostra fotografica a colori di Zucca qualche anno fa, mostrano come il popolo francese fosse per la maggioranza in totale sintonia con la comunità militare e civile tedesca, con decine di migliaia di nati franco-tedeschi, i cecchini franco-tedeschi contro le colonne americane in città, una adesione alle milizie che fa scomparire i gollisti, come del resto in Norvegia, Belgio, Olanda. Qualsiasi esperto del settore, anche se accademico vetero-marxista,stenta a credere come la Francia abbia avuto un seggio tra quelli degli eserciti dell Onu (l’Onu è la truppa alleata del 1945). E qui si parla di materiale ufficialmente accettato.

  26. arsenio
    | Rispondi

    Vedo che le parole escono fluenti dalla tua tastiera, Ales. Ma se ci tieni a scrivere, ascolta un consiglio spassionato: impara l'italiano prima, il tuo è un tantino zoppicante. Dopo di che, magari convertirai alla rivoluzione conservatrice anche gli scettici. I conservatori di un tempo erano aristocratici, e tu giustamente sei molto lontano da loro. Il modo di scrivere è indicativo della quantità e qualità delle proprie letture, non è solo un dato formale. In questo, vedi, sono più conservatore di te

  27. Ales
    | Rispondi

    non ho tempo di scrivere qui, io, e odio i computer. vedo che ci prendi gusto tu invece con le polemiche vuote, bravo. ti riferisci a due parole o a quelle 4 lettere? bravo bravo. Non sono io quello che ha la cultura ferma ai sussidiari delle elementari.
    e poi chi ti ha detto che io sia di madrelingua italiana? e Tu, quante lingue parli tu? e in quante sai scrivere tu?
    Tornando ai contenuti: considera la tua età – che si evice- e la nostra, e fai un pò i conti tu.

  28. Ales
    | Rispondi

    E,
    Noi della nostra età, non scriviamo sul web come sulla carta, questa è già anche troppa grazia, semmai usiamo una sotto-scrittura deforme futurista orrida di solito,
    e non siamo fermi alle formalità di chi ha la licenza elementare e ammennicola con la calligrafia…
    Ancora tante polemica e critica ma ancora nessun contenuto vedo…
    Hai finalmente capito che conservatore e destra non c'entrano niente col nazionalismo, l'etnia, ecc.
    Domani vedrai che anche in Europa occidentale quella che chiami utopia è realtà, basta viaggiare un pò..ma sotto sotto si vede che vuoi essere convinto, che la pensi proprio come l'autore qua, hai solo perso la speranza..

  29. Ales
    | Rispondi

    Mò te spiego: "occhiali ideologici" e "cartaccia" riferito ai libri sono figure retoriche. Si chiamano metafore. Ce ne sono di tanti tipi. Ossimoro, Sineddoche, ecc. Vedi quante cose hai imparato in una settimana.

  30. Ales
    | Rispondi

    ah già: "Vetero" significa letteralmente "vecchio", nel senso di obsoleto.
    io non ci tengo a scrivere per niente, tutte formalità, non sto mica scrivendo un articolo!
    la tesi di laurea l'ho belle che scritta…
    Dal "socialismo è collettivismo" al sussidiario di grammatica della scuola elementare…

  31. Ales
    | Rispondi

    ?? A parte il prendere il commento web per la Divina Commedia, usi solo la tastiera italiana? Io no. È un tantino più scomodo quando usi tastiere di lingue diverse (ammesso che tu non creda che ci sia una tastiera unica mondiale..quella ve la stanno per fare apposta…), come immagino tu legga solo o prevalentemente in italiano; ancora, io no. Tutto qua il tuo brio? Prendere la mia frase sui tuoi “contenuti” e rigirarla sulla prova calligrafica della prima elementare del 1955? “Vademecum intenzionalista” te lo spiego la prossima volta. Se vuoi ti correggo i tuoi commenti…che frasi lunghe, tante virgole fuori posto..che italiano fiorito antiquato…made for the eyes and not for the ears..ti spiego: è un famoso modo di dire su certa scrittura (oddio qua si arrabbierano i saloini..beh ma il Mosley, post 1950 poi…gli andrà bene). Dai che devo finire di lavorare a quest'ora! Buonanotte.

  32. Ales
    | Rispondi

    In realtà non si è mai trattato di uno spirito britannico in antitesi al prussianesimo, o di un “Ovest” contro l’”Est”: si chiama erroneamente l’era levantina (censurando –sic- altri termini) e americana con il termine di britannico-“anglosassone”. Il popolo britannico non è la piccola –City- di Londra ed è ferocemente antiamericano tuttora, anche a cose fatte; e Raven Thompson (“The coming corporate state”) o Williamson non sono epigoni di nessuno sul continente. Le isole britanniche poi erano una provincia di Parigi e Amsterdam (o viceversa) fino a Enrico VIII e fino all’infiltrazione americana (Churchill*). Dryssen (socialismo prussiano) e altri hanno ragione nei concetti, ma non nei termini. L’”ovest” non è l’America (Cardini anche in quessto sito sul plagio huntingtoniano di Spengler), e l’Occidente (Occident) include anche la Russia (una –enorme- periferia occidentale), in un prospettiva analizzata, in modo più spiccio, anche dal Degrelle (l’Eurosiberia, mai in realtà l’inconsistente “l’Eurasia” che suona tanto bene ma razzola tanto male).

  33. Ales
    | Rispondi

    Un bell’esempio di utopia multirazziale: i disordini nelle peraltro virtuose e prussiane tendopoli del terremoto a causa degli allogeni (che non sono i rumeni veri – non zingari indiani- né i polacchi), che fanno mucchi di cibo rifiutato (il ragù..), per cui si richiede un capotribù a cui spiegare l’etica europea (“ci sono degli spazi comuni”, “ a ognuno il suo turno”). Non è un destino comune a tutto l’ovest europeo. Le regioni (e oltralpe gli stati) che rifiutano candidamente gli allogeni (che hanno il potere di farlo) vivono una coesione sociale e etnica, oltre a una qualità della vita che altre terre hanno perso per sempre. Sperando che i subalterni snob e con il formalismo dl compito in classe della prima media imparino a stare al proprio posto. Un amico che ha studiato troppo mi salta fuori spesso con “colonizzare il discorso”, al posto, ovviamente, di –monopolizzare-, chissà cos’avrebbe detto la meastrina di scuola a riguardo..

  34. Ales
    | Rispondi

    Moeller van den Bruck è saltato fuori in merito a "liberalismo rovina dei popoli" mi pare, ma quante gaffes del subalterno che dopo tutte le righe dell’articolo se ne esce con “socialismo = marx, hitler = capitalista” (e i socialisti fabiani? Ecc..) …”aristocratico” viene usato dalla plebe (che noi amiamo) per dire snob, ma quello in realtà borghese classista post 1789 o della decadenza precedente. I veri “aristocratici” sono i “migliori” di 1000 anni fa, che fanno la guerra e ci muoiono. Come Carlomagno con le toppe al sedere ("fare le cose alla carlona" modo di dire della terra carolongia) che prende in moglie la figlia del mugnaio perchè è bella e lo merita. Accidenti ma questo è troppo metaforico per certo livello libresco da licenza elementare. Io non ho mai scritto qui a beneficio di una sola persona tra i commentatori, nè per convincere qualcuno, ma perchè sarebbe bello che il mondo conoscesse la storia che va dal trattato di versailles al settembre 1939.

  35. Ales
    | Rispondi

    Cose "troppo di destra" comunque immagino, quindi "baronali, antiprogressiste (come se il progresso esistesse)" ecc. Certo che se certi discorsi li sentissero i reduci francesi di Berlino** che pubblicavano di justice sociale negli anni 60…

  36. Ales
    | Rispondi

    Unità in “primo luogo razziale e infine politica”, in realtà, secondo: “tu non sei niente il tuo Volk (= razza) è tutto”. Volk significa razza (del popolo), “völkisch”, razziale. Il partito chiude le iscrizioni per 5 anni per non diventare di massa, i giovani campioni del’ordinamento non saranno quasi mai iscritti al partito, ma militari di punta delle unità più avanzate. “Sociale” appare un termine molto toquevilliano, così come “collettivo” lascia il posto a “comunitario” nel Reich e nelle culture di certi popoli europei. Il termine Volk (Volksgenosse, Vopo) nella DDR rappresenta una furba resistenza della vecchia Germania a ..”Marx” (non tanto a Mosca che mantiene lo stesso spirito razziale/razzista. Si vedano lo status delle donne della DDR che si accoppiavano o figliavano con cittadini di colore dei paesi alleati, e la visione razziale degli ex cittadini della DDR dai pogrom di Rostock a oggi).

  37. Ales
    | Rispondi

    Nella -reductio a hitlerum- creola di oggi anche John Wayne e Melville sono ex soldati nazionalsocialisti, comunque Sombart è vitale e grazie al cielo (che qualcosa sia comodo) è “sdoganato”, perché è come l’insalata, va bene in tutte le stagioni e non militava nel Reich (non come Konrad Lorenz), alla stregua di Jünger (anzi più di Jünger, che si può definire simpatizzante della NSDAP negli anni ’20 per poi distaccarsene timidamente? pudicamente? In buonafede? In malafede?).

  38. Ales
    | Rispondi

    Se non fosse che lo stesso Reich usava costantemente il termine socialista (“uno stato della migliore cultura socialista”, ecc.) anche questo termine appare indebito. Ley sparava “da noi neanche il sonno è cosa privata” per fare il sindacalista, ma in realtà, l’idea di stato del benessere (comunitario certo) era molto forte, e visto che non c’era niente di giacobino in realtà, e tutto veniva recuperato dalla tradizione, si avverte nella politica abitativa del Reich l’antico adagio germanico –“la mia casa è il mio castello”, e l’idea dell’abitazione come diritto quasi edonistico alla Christian von Wolff.

  39. Ales
    | Rispondi

    “Fascismo rosso”, “Fascismo di sinistra” ecc. sono termini che invece calzano a pennello per il fascismo, inteso come peculiarità italiana, nella sua fase non al potere (“movimentista”) imbevuta di futurismo operaista (le guardie operaie alle mostre futuriste), ecc. Ricordiano che il Reich considerava il futurismo entartete Kunst giudeo-bolscevica, negativamente modernista, e che disapprovava* il radicalismo operaista della Carta di Verona, e, a torto o a ragione, la “statolatria latina”. Il contadino, non l’operaio, è il canone del Reich. Fest sotto questo aspetto sbaglia di 360 gradi la sua analisi, quasi che giochi a dire tutto l’opposto della realtà (“un regime modernissimo, giacobino, con solo una finta facciata tradizionale”).

  40. Ales
    | Rispondi

    I temi naturalistici e tacitamente pagani non sono mai stati smarriti in 2000 anni di storia tedesca (o scandinava), non sono tutt’ora andati persi nell’istruzione infantile tedesco-scandinava, per esempio (canzoni e qualsiasi attività dedicate alla luna, al sole, all’abete, al bosco). I temi völkisch-razziali non sono neanche persi nei fatti: non esistono quasi le coppie miste (bianchi /non bianchi) neppure nella Germania di Schröder e della Merkel, i loro stessi elettori non si vergognano di dire “avete 40.000 immigrati ugandesi nella vostra città in Italia? Che brutto, semplicemente non ci piace”, l’autista dell’autobus vi dirà “che brutto eh, questa Europa con tutti questi popoli extracomunitari, das ist nicht schön”. La Germania guglielmina dava il diploma di maturità ai suoi coloni africani, ma semplicemente la dimensione pagana, da sangue suolo, non prevede il “Multi-Kulti” dell’Africa in Europa, per esempio.

    • Alberto
      | Rispondi

      Mi pare una diagnosi un po' troppo ottimistica; contiene elementi di verità, ma tende a vedere solo il buono che resta in piedi e a ignorare la distruzione che lo circonda. La Germania, in particolare, è il paese in cui più profondo e ipnotico è stato il lavaggio del cervello dal secondo dopoguerra, e i risultati in termini di distruzione sono stati molto profondi.

      • Ales
        | Rispondi

        siamo d'accordo: infatti non volevo per nulla sembrare ottimistico, praticamente la BRD è lo stato USa interno alla "fortezza" europa di oggi, volevo accennare allo psychological warfare branch, però ci sono tanti starerelli nell ovest e tutto l' !!! occidente slavo (!) (Occident e non il West coniato dalla dottrina monroe e company) che sono come immutati nonostante gli ultimi decenni (contiamo la sovversione più efficace dal 1970 và..)

        quello che scrivo è altro:è il lato nascosto dei tedeschi come della stessa merkel, paradossalmente. guardando il riscontro "materiale" slegato da quello etnoculturale è così:la germania resta un anti-brasile, non ci sono coppie miste tedeschi-africani, si può dire che il nero non piace fisicamente (come nell'Est), e la scuola primaria è (stranamente) ancora fortememte alla Klages (i canti alla luna, il sole, la natura)

      • Ales
        | Rispondi

        architettonicamente la BRD è la vittima numero 1.
        però appunto i tedeschi dicono fuori dai denti "oh, corporalmente gli africani non mi
        piacciono", come gli slavi, e dicono a noi "dillo tu che io sono tedesco e non posso" (cose in direzione dei "falsi ma verosimili" Protocolli, o derisione di "inglorious basterds")
        chiaramente non mi riferisco al gruppo di potere, soprattutto nelle università e nelle sedi BRD
        all
        'estero
        gli italiani hanno il natale americano e il babbo natale della coca cola ("il natale italiano" per i tedeschi di Bolzano)-
        non i tedeschi
        E poi c'è la germania est, che è ancora tale, che esce direttamente, come incubata, dal 1945. Faye e
        Locchi
        la
        sapevano
        lunga sul "patto di varsavia".
        In concreto:
        il risultato della scuola primaria naturalista neopagana di antico regime è che i tedeschi non si accoppiano con allogeni, magari inconsapevolmente, in Italia anche il leader nazionalista può accoppiarsi con la brasiliana

      • Ales
        | Rispondi

        brevissimamente: l'aspetto del mancato accoppiamento mondialista dei tedeschi pur normalizzati è proprio un tema dell'agenda politica BRD, i gruppi di potere dell'università lo usano regolarmente come accusa di razzismo tedesco, "siamo normalizzati, siamo cool, ma possiamo fare di meglio, per es. il razzismo nella scelta del partner" sto citando.

  41. Ales
    | Rispondi

    Questo significa anche che: la BRD americana significa: un grande scempio architettonico, il lavaggio del carattere nazionale ad opera dello US PWB (Psicological Warfare Branch), la morte di una cultura europea, ma alla fine una grande ipocrisia politica culturale che vive solo di slogan e di qualche pio militante che si da da fare per concretizzarla. A tal proposito, una fandonia usata dai governanti italiani per contrabbandare meglio il mondialismo è che in Germania o in altri paesi vi siano da più tempo quantitativi maggiori di allogeni che in Italia, falsità che si confuta immediatamente prendendo come esempio le regioni maggiormente interessante dalla colonizzazione di popolamento allogena, e considerando che in Germania non c’è una popolazione centrafricana, ma di Turchi, spesso di Istanbul.

  42. Ales
    | Rispondi

    I tedeschi occidentali già del 1944 non sembrano aver molto assorbito questa ideologia comunitaria che sopravvive addirittura durante le nostre catastrofi naturali dopo 60 anni di capital-marxismo, quando rifiutano i profughi slesiani, prussiani e sudeti massacrati dalle truppe siberiane, murando le stanze disponibili delle proprie case (biografia del reduce olandese Hendrik Verton* e testimonianze dal vivo), così come accettano di buona lena il rivolgimento della presenza americana (Saint Loup, e varie cronache) e non fanno caso all’imminente battaglia di Berlino: i combattenti francesi della generazione nazionalsocialista franco-tedesca (si veda in merito la “scandalosa” mostra fotografica di Andrè Zucca) attraversano un ovest pronto a ricevere gli americani mentre vanno a seppellirsi nella Berlino cinta d’assedio dai sovietici.

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