Di tutti i più grandi condottieri della storia dell’Occidente, nessuno eguaglia Alessandro Magno. Non si tratta solo del numero di battaglie da cui uscì vittorioso, delle dimensioni dei territori che vinse con le armi o della fama che si conquistò, e che permane salda sino a oggi. In Alessandro Magno storia e mito si incontrano; la lama della sua spada che recide il nodo di Gordio è ancora viva nel nostro immaginario, come lo sono la fondazione di Alessandria d’Egitto o di Persia, le vittorie sui Parti e gli Indiani, la formidabile tenacia con cui seppe perseguire tutti gli obiettivi che si poneva. La leggenda del Macedone è legata alla sua brevissima vita, ossia al prodigio per cui in soli trentatré anni di vita riuscì a soggiogare tanti popoli e paesi, e all’epoca di meraviglie in cui visse.
Figlio di Filippo II e di Olimpiade, la sua istruzione fu curata da Aristotele. Quando aveva quattro anni, gli Ateniesi fermavano Filippo alle Termopili; all’età di nove, moriva Platone. Un uomo tanto straordinario non poteva vivere che in un’età straordinaria. Certo, il paragone con i giorni nostri è impietoso. Ma, come giustamente rileva Andrea Frediani, autore di un bel libro sulle grandi campagne militari di Alessandro, rispetto agli anni in cui visse il condottiero macedone “l’età romana e quella moderna sono state caratterizzate da una condotta ben più prudente da parte dei comandanti in capo, secondo una mentalità che presuppone la necessità sia di conservare la vita per garantire una guida costante all’esercito, sia di mantenersi in una posizione tale da permettere una visione globale della battaglia, per poter apportare modifiche in corso di svolgimento”.
L’humus spirituale in cui si forgia lo spirito di Alessandro Magno è ben altro: sono gli eroi omerici il suo modello. In battaglia, è Achille che si incarna nel condottiero, sempre alla ricerca del duello, della sfida memorabile, dello scontro sul filo del rasoio. Primo dei suoi soldati, era fermamente intenzionato a non concedersi debolezze o vantaggi. Durante l’inseguimento di Dario e Besso, nei pressi di Damgham, rifiutò di bere la poca acqua che i suoi uomini gli avevano rimediato. Grazie alle sue virtù e al suo coraggio indomito, ben presto la sua figura diviene leggendaria nel suo seguito. I Greci stessi, nel 324 a.C., gli tributano le onoranze divine tipiche dell’usanza tradizionale orientale.
Da Cheronea al Granico, da Isso a Tiro e all’Egitto e ancora da Gaugamela sino all’Idaspe la storia delle grandi battaglie condotte da Alessandro Magno è stata pazientemente ricostruita da Frediani con ammirevole dovizia di particolari sulla base non solo delle fonti storiche, ma anche di una mole di dati archeologici e iconografici. La maggiore attenzione è riservata agli aspetti strategici, che fanno risaltare un genio militare di prim’ordine.
Ammirando le imprese di un ragazzo intrepido che alla testa di un piccolo esercito riuscì a conquistare tanto, non possiamo che sorridere nel leggere esposta sui giornali la cosiddetta “dottrina Powell” che ha informato l’ultima guerra irachena: attaccare solo quando si dispone di una superiorità schiacciante sul campo.
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Andrea Frediani, Le grandi battaglie di Alessandro Magno. L’inarrestabile marcia del condottiero che non conobbe sconfitte, Newton & Compton (collana “I volti della storia”), pp. 290, Roma 2004.
Pubblicato su La Padania del 30 novembre 2004.
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