INTRODUZIONE
L’Alfabeto Runico
L’origine dell’alfabeto runico, la primitiva scrittura dei popoli teutonici, è ancora materia di disputa. Isaac Taylor lo fa derivare da un alfabeto greco della Tracia; Wimmer di Copenhagen dall’alfabeto latino. Entrambe le teorie però sono ancora da esaminare bene e, forse ha ragione Von Friesen di Uppsala che è una derivazione di entrambi gli alfabeti. E’ sufficiente comunque dire che deve essere stato noto a tutti i popoli teutonici e che se ne ha notizia fin dal 4° secolo.
Certamente i Goti lo conoscevano prima della loro conversione al Cristianesimo, poiché Wulfila utilizzò molti di questi caratteri per il suo alfabeto gotico; due iscrizioni (Pietroassa in Valacchia e Kovel in Volmynia) sono state trovate in terre occupate dai Goti in questo periodo.
Nella sua forma originale l’alfabeto runico consisteva di 24 lettere che, per la loro assenza di curve e linee orizzontali, erano particolarmente adatte per essere incise su legno. Di seguito una testimonianza di Venanzio Fortunato: “I barbari dipingono le rune su legno di frassino, come fosse papiro, senza virgole”. Ed è questo il più antico riferimento letterario ai caratteri runici. Altri riferimenti vengono dalle saghe irlandesi, da poemi anglosassoni chiamati “messaggi del marito”.
Un altro ritrovamento, unico nel suo genere, di queste antiche iscrizioni, si trova inciso sulla punta di una lancia ritrovata a Kragehul (Finlandia).
In Islanda l’alfabeto fu più tardi diviso in tre gruppi così nominati: Freys Aett, Hagals Aett, Tys Aett, dalle loro lettere iniziali F, H, T.
Si pensa che questi nomi si riferissero alla famiglia di Frey (Frey’s family), ecc. Il termine Aett può derivare da atta, “otto”, ossia ottavo.
Inoltre ogni lettera occupava una posizione definita. Nel Codex Sangallensis 270 si fa menzione di svariate cifre in lettere runiche come: Isruna, Lagoruna, Hahalruna, Stofruna. Sarebbe necessario conoscere l’esatta posizione di ogni lettera nell’alfabeto.
Nel latino corvi ad esempio, si posiziona la “c” come sesta lettera della prima serie, la o come ottava della terza serie, la r come quinta della prima serie, la v come seconda della terza serie, la i come terza della seconda serie.
NOTE
Lo studio di questi crittogrammi si stima fosse attribuito all’Abate del monastero di Fulda, certo Hrabanus Maurus (822-856). La parola latina Corpus è l’equivalente di Hraban. Gli studenti medievali amavano molto latinizzare i loro nomi teutonici. Es: Hrotsvith = “Clamor validus”; Aldhelm = “Vetus galea”.
Le più antiche iscrizioni ritrovate in Nord Europa nei depositi di torba di Nydam e Torsbjaerg nello Slesvig e Kragehul in Finlandia, sono databili dal terzo o quarto fino al sesto secolo. Queste iscrizioni sono, si presume, in una lingua che è l’antenata comune dell’inglese e dello scandinavo, ne mantiene la cadenza per cui è più primitiva del gotico di “Wulfila”. Altre iscrizioni dello stesso periodo furono ritrovate, incise su una spilla, a Charnay nel Burgundy, e sulla punta di una lancia a Muncheberg (Brandeburgo).
Altre ancora, risalenti all’ottavo secolo, su piccoli oggetti ritrovati in Germania dove, peraltro, molte incisioni sono rare e quasi illeggibili.
Senza dubbio furono gli invasori sassoni ad introdurre l’alfabeto in Inghilterra, anche se le iscrizioni databili ai primi due secoli dopo l’invasione sono assai rare e frammentarie. Una però è particolarmente interessante, incisa su una moneta d’oro, di provenienza sconosciuta, a imitazione di un solidus di Onorio.
Altro ritrovamento è sulla montatura di un fodero nella località Chessell Down nel Wight. La forma di queste ultime incisioni è simile a quella trovata su oggetti provenienti da Kragehul e Lindholm (Scania), databili ai primi anni del sesto secolo, per quanto gli oggetti dei ritrovamenti inglesi siano posteriori.
Furono ritrovate inoltre molte monete d’argento con incisi in runico riferimenti a leggende relative a re inglesi come “Aepil(i)raed” (senza dubbio re Aethelred 675-704) o “Pada” (Peada suo fratello). Molte altre scritte in runico si trovarono su piccoli oggetti di metallo o di osso. L’alfabeto runico andò in graduale disuso, come si nota dalle monete ritrovate, durante l’ottavo e nono secolo.
L’ultimo nome che si legge in runico su una moneta è quello del re Beonna dell’”East Anglia” (750) ma anche lì si nota una “o” latina. Qualche lettera rimane pur tuttavia incisa, solitamente la “L”.
Altre lettere runiche che continuarono ad essere usate erano quelle con cui si firmavano i coniatori di monete in Inghilterra.
Di iscrizioni in runico su tombe se ne trovarono parecchie (soprattutto nel nord dell’Inghilterra), alcune sia in caratteri latini che runici. Risalgono quasi tutte al periodo compreso tra settimo e nono secolo.
Si presume che rimanesse l’uso di incidere in lettere runiche solamente sulle monete. Dopo l’invasione danese (866) non v’è più traccia dell’alfabeto runico. A partire dal sesto secolo, tuttavia, l’alfabeto inglese si differenziò da quello scandinavo. Alle originali 24 lettere se ne aggiunsero altre 6: Aesc, Ac, Yr, Ear, Calc, Gar e forse la settima Ior.
Si ha notizia dell’ultimo alfabeto runico conosciuto in Danimarca, Svezia, Norvegia, Islanda, Groenlandia, Isole Faroer, Isole Orcadi, Isola di Man e in Inghilterra. In generale possiamo affermare che l’alfabeto runico, più o meno collegato a pratiche di magia, cadesse sotto il sospetto di stregoneria e fosse quindi bandito nei paesi scandinavi durante il periodo delle terribili superstizioni medievali e delle riforme religiose.
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Il presente brano costituisce l’Introduzione al libro di Bruce Dickins Runic and Heroic Poems of the Old Teutonic Peoples (Cambridge, 1915). La traduzione in italiano è opera di Fernanda Reborati. Il brano è stato tratto, col gentile consenso, dal sito www.reiki.it.
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